Provenienti dai luoghi più sperduti del mondo e connotate dalle loro molteplici culture autoctone. E' stato avviato, di recente, un importante censimento delle cure “tradizionali” contro i diversi sintomi e malanni contro cui l’uomo ha storicamente combattuto nelle diverse regioni del mondo, di generazione in generazione, tramandandosi ogni possibile rimedio di “guarigione”. Adesso l’Oms (Organizzazione mondiale della Sanità) ha perciò deciso di catalogare tutte queste forme di terapia. Per la prima volta saranno ufficialmente catalogate tutte quelle metodologie terapeutiche e diagnostiche attraverso cui l’uomo ha cercato e saputo rimediare da sé a malanni e malattie. L’insieme di queste cure e medicine “fai da te” nascono dalla tradizione di ogni cultura e di ogni popolo. "Proprio per valutarne le certezze a carattere scientifico e benefico per il mondo", spiega Marie Paule Kieny dell’Oms, "queste medicine tradizionali sono praticate soprattutto nel Pacifico occidentale, nel Sud-est asiatico, in Africa e in America Latina. Ma anche in Europa si fa ricorso a questo tipo di cure". Ormai da tempo gli scienziati stanno studiando le proprietà delle piante e delle erbe utilizzate nella cosiddetta “medicina popolare”. Tra cui, varie cure di incontestabile efficacia. Basti pensare all’aspirina, scoperta dai rami del salice e già nota in passato sin dai tempi di Ippocrate, che appunto la descrisse come un rimedio curativo estratto da questa pianta. Il chinino invece, originario dal Messico, viene ormai sistematicamente usato come difesa contro la malaria. Messo a punto dagli indigeni dell’Amazzonia vi è poi il curaro, utilizzato nei secoli contro il tetano e tutt’oggi somministrato dagli anestetisti, che ne fanno ricorso come rimedio naturale a pieno titolo. "Nelle piante, nei minerali e negli animali troviamo elementi che servono a curare" spiega Tullio Seppilli, presidente della Fondazione Celli, punto di riferimento scientifico importante nel campo dell’antropologia medica, "e il più delle volte, alla guarigione si accompagna la ritualità come compromesso con la propria cultura: Paese che vai, usanze che trovi". Ciò vale soprattutto "nel raggio di pochi chilometri", come testimonia Miriam Castaldo, antropologa dell’Inmp (Istituto nazionale per la salute dei migranti e le malattie della povertà), "poiché in questo genere di cure si utilizzano solo determinati prodotti, originari del posto. Per esempio in Algeria, nella popolazione dei Saharawi, la salamandra viene utilizzata come rimedio contro il diabete; in Brasile e in Perù si ricorre all’ayahuasca, un composto di estratto di liana, per liberare dalla dipendenza delle droghe; i cinesi si nutrono di cavallucci marini per combattere malattie della pelle e del colesterolo. Insomma, erbe e rituali", conclude la dottoressa Castaldo, "sono segreti che vengono tramandati dall'alba dei tempi". In Africa, tali conoscenze vengono tasmesse all’adepto sin dall'infanzia, dai 9 anni in poi. E la scienza farmaceutica moderna ha sempre più bisogno di questi rimedi, al fine di arginare un ricorso eccessivo a farmaci sintetici eccessivamente caratterizzati da effetti collaterali anche gravi per l'uomo. Un filone di rimedi antichissimi, provenienti da lontano, ma che può veramente portarci lontano. Come recentemente dimostrato, nella modernissima Europa del XXI secolo, da alcune erbe e radici efficacissime contro i dolori ossei, come l'arnica montana e l'harpagophytum (artiglio del diavolo), che hanno liberato numerosi pazienti di gravi patologie osteo-articolari da ogni forma di dipendenza nei confronti di antidolorifici a base di codeina e oppiacei in generale.