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30 Aprile 2024

Il sapore del sale nelle valigie di '(A)mare conchiglie'

di Rita Chessa
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Il sapore del sale nelle valigie di '(A)mare conchiglie'

La delusione per il mancato riconoscimento a Matteo Garrone, uno dei registi migliori del nostro panorama nazionale, corrisponde a una presa di coscienza ben precisa: il mondo non vuole cambiare, né cambierà mai
 
È nel 2015 che John ci raccontò, durante la performance '(A)mare Conchiglie' (di Kyrahm e Julius Kaiser) delle torture nelle prigioni libiche e dei viaggi della disperazione. Vedere il film di Matteo Garrone è come assistere alla trasposizione per immagini di ciò che i migranti ci narravano. In 'Io capitano', infatti, i due protagonisti, Seydou e Moussa, lasciano Dakar per raggiungere l'Europa attraverso i pericoli del deserto, i terribili centri di detenzione in Libia e le insidie del mare durante le traversate nel mar Mediterraneo. Riportiamo integralmente - anche se sono passati ben 9 anni - ciò che avvenne in quell’estate, durante la performance, verso l’ora del tramonto, sul litorale a nord di Forte Sangallo, nei pressi di Nettuno (Io_capitano_Locandina.jpgRm), sotto i grandi palazzi che spiovevano a picco verso una piccola spiaggia, teatro del drammatico sbarco del gennaio 1944 durante la seconda guerra mondiale: “Una lunga tavolata bianca è apparecchiata in mezzo al mare: frutta, vino, cibo e una fila di sedie vuote. Un gommone avanza fino a riva e i passeggeri procedono verso il banchetto: un anziano, due giovani donne e alcuni ragazzi africani prendono posto davanti a una piccola folla, che si è intanto avvicinata incuriosita dall’insolita visione. Gli ospiti mangiano, bevono, sono semplici gesti quotidiani. Ma è lo stare così, oniricamente sospesi sull’acqua, a indurre la contemplazione degli astanti. È un’immagine estetica curata nel dettaglio: la composizione del tavolo bandito nell’acqua, rimanda all’iconografia cristiana dell’ultima cena. Sguardi profondi si perdono nel mare. Il silenzio viene rotto dalla voce dei loro racconti. Racconti drammatici come colpi dolorosi, dritti allo stomaco: dell’ex emigrante italiano in Germania nel dopoguerra, che ricorda i treni speciali riservati ai meridionali ammassati nelle stazioni di Roma e Milano; quel via vai di umanità dai tanti dialetti, con in mano valige di cartone legate con lo spago, in attesa di essere smistati nei luoghi più remoti d’Europa. Un esodo che ricorda quello di inizio secolo scorso, quando ci si imbarcava a Napoli sulle navi dirette in America per non tornare mai più. Le voci drammatiche dei ragazzi venuti dal mare destabilizzano: raccontano, attraverso storie di morte e sangue, facendo piangere il pubblico presente. Qualcuno non regge la commozione, si allontana per calmarsi e poi ritorna ad ascoltare. Un lavoro che reputammo necessario, perché 'il dovere primario dell’artista è politico e sociale'. Non per caso cercammo le persone per settimane nei centri di accoglienza e nelle strade. I ragazzi nigeriani hanno condiviso la loro odissea. Ragazzi che non hanno più nessuno al mondo: a Gentle e a Promise, appena ventenne, hanno massacrato i genitori e i nonni senza alcuna pietà. Fuggono dapprima verso la Libia, ma qui troveranno la guerra come John, che racconta l’inferno del carcere sotterraneo nel quale è finito senza alcun motivo. Il quarto nigeriano rimane in silenzio, le ferite che porta addosso sono visibili a tutti. Si trovano, quindi, costretti a fuggire verso l’Europa. E come tanti altri, anche loro si sono ritrovati in una di quelle carrette del mare salvate in extremis, che conosciamo dai bollettini dei telegiornali. Qui in occidente abbiamo dimenticato la paura di poter morire da un momento all’altro. “Qui ci sentiamo al sicuro, non ci ammazzano, siamo grati all’Italia”, ci ha confidato Gentle commosso, ringraziando d’essere stato salvato in mare. La marea nel frattempo è salita fino alle ginocchia, il banchetto nutre chi ascolta. La parola ora passa ad Ambra, la giovane Amare_conchiglie_9.jpgdonna di colore dall’accento milanese, nata da un africano e da una donna siciliana, che dopo averla data in adozione, la riprende con sé più per paura del disonore che per amore. Il convivio volge al termine: tutti si alzano in piedi e s’incamminano verso gli scogli, mentre Ambra intona un canto gospel: il pubblico li segue come ipnotizzato. Sugli scogli, ad attenderli, c’è una valigia. Uno dei migranti la apre: è piena di sale. Il canto continua intonando un rito solenne: tutti, uno alla volta, gettano manciate di sale in mare. Per ricordare i fratelli che non ce l’hanno fatta, morti in mare. Per restituire il mare al mare”.
Considerata questa vicinanza d’intenti tra 'Io Capitano' e '(A)mare Conchiglie', il perduto Oscar brucia ancora di più. Garrone è uno tra i registi migliori del nostro panorama nazionale, tra post neorealismo e magia capace di turbare e scuotere sin dai suoi esordi e non solo nelle opere omnie 'Dogman' e 'Gomorra'. Noi lo incontrammo nel 2022, alla proiezione di un suo vecchio film, dal titolo 'Estate Romana', sul teatro e le avanguardie, organizzata da 'Scena'. E ricordiamo l'inquietudine di 'Primo Amore', ispirato alla vicenda controversa de 'Il cacciatore di anoressiche'. Ma lo avevamo già incrociato a Roma, presso la suggestina Villa Wolkonsky, per la cinquina ai Globi d'oro del 2019, nella sezione film.
In ogni caso, anche se la notte degli Oscar sembra, ormai, un traguardo mancato, il problema reale rimane quello di chi vive ai margini, di chi viene dal mare fuggendo da un Paese distrutto dalla guerra, di chi una casa non ce l’ha più. La delusione per questo Oscar sfuggito è solamente la presa di coscienza di un mondo che non si trasformerà mai in una tavolata imbandita, dove alla fine della performance ci si tiene tutti per mano (per visionare il video della performance, cliccare QUI).Amare_conchiglie_per_mano.jpg


Periodico Italiano Magazine - Direttore responsabile Vittorio Lussana.
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