Inaugurata la sede fiorentina del Museo dedicato al giocattolo e, in particolare, all’opera collodiana, alla via dell’Oriuolo 47/r: in esposizione permanente più di 3 mila oggetti che ricordano il mondo dell’infanzia
È impossibile spiegare le ragioni che spingono al gioco, senza considerare il piacere che da esso deriva. Ma dietro a ogni giocattolo ci sono tante storie di bambini, raccontate in ogni sfumatura attraverso migliaia di balocchi esposti al 'Museo del Giocattolo e di Pinocchio', nelle sede inaugurata, circa un mese fa, in quel di Firenze: tre secoli di sogni, giochi e avventure testimoniati da bambole e trenini, robot e soldatini, marionette e macchinine. Proprio i giocattoli, infatti, sono testimoni precisi e puntuali dell’ambiente storico che essi hanno attraversato, sin dai primi riconoscimenti delle proprietà educative insite nell’attività ludica, fino alla successiva evoluzione dell’artigianato in industria, per giungere ai dinamismi propagandistici seriali e consumistici, che hanno anticipato gli attuali traguardi tecnologici. Questi gli spunti di riflessione che la nuova sede fiorentina del ‘Museo del Giocattolo e di Pinocchio’ ci ha proposto: un’idea di divertimento ludico che appartiene ai milioni di ragazzini, che hanno giocato con la loro fantasia prima e dopo di noi, contribuendo a costruire la nostra Storia. Ne abbiamo parlato con Giuseppe Garbarino, presidente dell’associazione culturale ‘Pinocchio a casa sua’, il quale, grazie ovviamente all’aiuto di Alessandro Franzini, presidente della Fondazione Paolo Franzini Tibaldeo e direttore del nuovo 'Museo del Giocattolo e di Pinocchio' di Firenze, è riuscito a recuperare un vero e proprio patrimonio di balocchi di ieri e di oggi.
Giuseppe Garbarino, la sua sensibilità l’ha condotta a salvaguardare il patrimonio di un antiquario, che sarebbe andato disperso per sempre: come nasce questa sua passione e l’incontro con l’antiquario, Alessandro Franzini?
“Devo chiarire che il progetto è nato in sinergia tra l'associazione ‘Pinocchio a casa sua’ e la Fondazione Paolo Franzini Tibaldeo, ora gestita e presieduta dal figlio Alessandro. La Fondazione da anni organizza e prosegue la passione di Paolo, esperto e cultore del collezionismo nel mondo dei giocattoli. Anni di ipotesi e di ricerca di un ambiente adatto a esporre le due collezioni hanno finalmente permesso la partenza del Museo del Giocattolo e di Pinocchio. Sono due realtà che agiscono in sinergia, quella di ‘Pinocchio a casa sua’ con una casa editrice e quella della Fondazione Paolo Franzini Tibaldeo, anche se la gestione dello spazio espositivo è a cura di una società per ovvi motivi organizzativi. Con Alessandro Franzini ci sono prospettive e vedute molto similari e orientate al futuro, per un museo sempre più dinamico e conosciuto”.
Ci sono dei progetti in arrivo?
“È solo da un mese che il museo è stato aperto e già se ne parla come di un nuovo ‘giglio’ di Firenze. Ogni giorno, abbiano contatti molto interessanti, sia negli ambienti turistici, sia in quelli sociali. Abbiamo concesso la nostra disponibilità anche ad alcune Onlus, al fine di organizzare visite guidate, in modo che rimanga loro una parte dell'incasso. Inoltre, stiamo pianificando, per i prossimi mesi, altri eventi insieme ad altre associazioni legate al mondo di Pinocchio. Anche la signora Paola Lorenzini, discendente di uno dei fratelli del Collodi, ci ha visitati e, insieme a lei, abbiamo ipotizzato una stretta collaborazione in varie direzioni. Con le scuole, infine, stiamo pianificando visite e laboratori, anche grazie alla disponibilità della ‘Biblioteca dei ragazzi’, che si trova nel vicino spazio delle Oblate”.
Cosa dice di voi Pier Francesco Bernacchi, presidente della Fondazione ‘Carlo Collodi’?
“Non dice nulla: la nostra iniziativa nasce dall'impegno di privati e non ha sostegni di nessun genere. Non abbiamo, al momento, rapporti con la Fondazione, ma con tantissime realtà associative in tutta Italia, tutte in prima linea su progetti legati a Pinocchio. Riteniamo che chiunque possa e debba, in modo libero e non vincolante, interessarsi sia di Pinocchio che degli aspetti legati al paese dei balocchi”.
Per tutti i toscani e gli italiani, Pinocchio è un elemento di identità: in che modo parteciperete al salone del libro portando i contenuti di Pinocchio, uno dei libri più tradotti al mondo?
“In passato, abbiamo partecipato al Salone del libro, presentando un testo che affronta gli aspetti della realtà storica di Pinocchio. Al momento, non abbiamo altri progetti di partecipazione al Salone del Libro di Torino, né ad altre iniziative similari”.
Voi collaborate con restauratori e altri artigiani, mantenendo attivo un comparto che richiede sempre più attenzione, in un mondo che produce sempre più in serie impoverendosi di contenuti: potete farci alcuni nomi di coloro che riparano i giocattoli?
“Purtroppo, le realtà degli artigiani che riparavano giocattoli e bambole si è affievolita e, lentamente, è scomparsa. Oggi, i giocattoli che fanno parte del momento ludico dei bambini non sono oggetti da restaurare o aggiustare, bensì effimeri balocchi con una storia breve e non hanno niente a che vedere con quelli di una volta: rari, eleganti, spesso pezzi unici e artigianali, che dovevano essere preservati e riparati. I tentativi di restauro sono così lasciati alla manualità degli stessi collezionisti, che spesso recuperano e salvano antichi giocattoli in legno o altri materiali”.
Questa mostra fiorentina è un percorso articolato su tre piani in cui si emoziona davanti ai libri illustrati, giocattoli datati dal 1800: chi ha diretto artisticamente l’allestimento?
“Tutta la parte che riguarda i giocattoli è stata allestita seguendo il criterio espositivo che era stato utilizzato per il ‘Museo del Giocattolo e del Bambino’ di Milano: un’esposizione che ha chiuso e che è stata trasferita, appunto, a Firenze. Dieci intensi giorni di lavoro per sistemare le oltre 30 vetrine ‘vintage’ che sono arrivate dal capoluogo lombardo, naturalmente con un ottimo risultato visivo: un’infanzia vissuta da tutti e sentita fortemente, proprio come nella fiaba di Carlo Lorenzini. Entrando in questo luogo di magia senza tempo, il messaggio è che tutto può accadere. Qui, passo dopo passo, si riscoprono le vicende della vita di ognuno di noi, che non può essere soltanto allegra ma, come la fiaba del burattino ci mostra, soggetta anche ai momenti più deludenti e cocenti, che mettono alla prova l’individuo, per poi ricominciare a emozionarsi e a vivere. L'esperienza visiva prodotta dalla visita al museo è molto forte. Giustamente, è una favola: un modo per fare un tuffo nel passato e rivivere alcuni momenti immersi nella favola di Pinocchio e del mondo dei giocattoli, con i quali hanno giocato nonni e bisnonni o, addirittura, persone vissute secoli fa”.