Il grande scrittore siciliano, creatore del mitico commissario Montalbano, lascia un vuoto profondo nella nostra cultura letteraria contemporanea: “Se potessi”, aveva commentato di recente, “vorrei finire la mia carriera seduto in una piazza a raccontare storie e, alla fine del mio ‘cunto’, passare tra il pubblico con la coppola in mano”
E’ morto, a Roma, lo scorso 17 luglio, lo scrittore siciliano Andrea Camilleri, autore della famosa serie di romanzi del commissario Montalbano e di tante altre opere, seguitissimo dal pubblico e considerato, già in vita, un maestro della letteratura contemporanea. Camilleri, nonostante i suoi 93 anni e la quasi totale cecità, era stato attivo fino al ricovero, avvenuto circa un mese fa per un forte malore, che lo aveva portato al coma. Recentemente, esibendosi al Teatro Greco di Siracusa, davanti a una platea numerosa e attenta, aveva impersonato l’indovino tebano cieco Tiresia, che nell’Odissea indicava a Ulisse la via del ritorno. La cecità, come diceva lui stesso, lo aveva portato a “osservare con una vista interiore acutissima le vicende del nostro tempo”. Negli ultimi tempi, stava preparando il suo debutto alle Terme di Caracalla, con lo spettacolo: ‘Autodifesa di Caino’. Profondo conoscitore di Pirandello – famosissimo il suo racconto tragicomico sulla sepoltura delle ceneri del grande autore siciliano – era diventato scrittore per tener fede alla promessa fatta al padre sul letto di morte. Il grande successo di Camilleri arrivò con la creazione del personaggio del commissario Salvo Montalbano, divenuto poi protagonista dell’omonima serie televisiva interpretata da Luca Zingaretti e dalla creazione di una lingua, il ‘vigatese’, con la quale faceva parlare i suoi personaggi, creando così un suo stile letterario originalissimo. Le indagini di Montalbano, raccontate in 30 libri, hanno accompagnato Camilleri per 25 anni, cementando il suo sodalizio con la casa editrice Sellerio, editrice delle sue opere. Attraverso i romanzi di Montalbano, suo alter ego letterario, lo scrittore siciliano ha trattato i temi più attuali della vita italiana, dall’immigrazione alla politica. Nel suo libro-confessione ‘La linea della Palma’, affidato alla penna di Saverio Lodato, aveva ripercorso la sua vita e i suoi ricordi non solo artistici: dal fascismo alla militanza nel Pci, alle critiche rivolte al panorama politico generale. “Se potessi, vorrei finire la mia carriera seduto in una piazza a raccontare storie e, alla fine, del mio ‘cunto’ passare tra il pubblico con la coppola in mano”. Così rispondeva a chi gli chiedeva come mai si rifiutasse di andare in pensione.