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‘Animali’, lo spettacolo che ha impegnato l’attrice Cristiana Vaccaro sul palco del TeatroFurio Camillo di Roma, è stato un’autentica ‘chicca’, una commedia brillante e divertente, un grande circo a ‘gabbie aperte’ in cui i protagonisti si sono ‘messi a nudo’, svelando le più recondite paure e i desideri finora trattenuti: una grande allegoria della condizione umana e delle sue passioni
Attori di talento, testi originali e divertenti, scene diverse (interpretate in differenti dialetti regionali), alternate e in continua evoluzione dinamica, sono i principali ingredienti che hanno fatto di ‘Animali’, rappresentazione andata in scena al Teatro Furio Camillo di Roma dal 16 al 19 gennaio scorso, uno spettacolo riuscito, brillante, vivace, di grandissima comicità. Una commedia scritta da Marco Andreoli, Gabriele Linari, Alessandro Porcu e Andrea Vaccarella, pensata per dar voce, appunto, agli animali, alle loro più intime paure e ai loro sogni. Un colorito ‘Bestiario’, che diventa lucida metafora e spunto di riflessione sulla condizione umana. Più di venti ‘sketch’ di altrettanti animali che, di volta in volta, si sono alternati sul palco, intrattenendo un pubblico che, sin dalle prime battute, mostrava di non riuscire a contenere l’ilarità. Dalle galline - due vecchie ‘zitelle’ lamentose, continuamente in ‘allarme’ per paura della volpe - ai più fedeli amici dell’uomo, i cani, vittime dell’amore incondizionato e del timore dell’abbandono. Timore vissuto come ombra costante e imminente, una ‘spada di Damocle’ perennemente incombente sulle loro teste; dalle cicale, le ‘sfaticate’ per eccellenza che, per tutta la durata dell’estate, non pensano e non fanno altro che abbandonarsi al sole e al canto crogiolandosi al calore della stagione, alla iperattiva ‘pulce caffeinomane’ che, pur volendo, non può frenare il suo innato istinto di saltellare. Insomma, una divertentissima alternanza della sensibilità ‘animalesca’, attraverso la quale non è difficile intuire la sottile e ben architettata trama della satira, della polemica e dell’ironia verso le ‘passioni’ umane. Ma chi sono questi ‘animali’ e perché sono usciti dalle loro gabbie? Ce lo spiega Cristiana Vaccaro, uno dei volti femminili di questa divertente pièce teatrale.
Cristiana Vaccaro, chi sono gli ‘animali’ e cosa rappresentano? “Gli animali sono una grande allegoria della vita degli esseri umani, delle loro passioni, dei loro timori, dei sentimenti, dei vizi e delle virtù. Attraverso le loro ‘storielle’, essi cercano di andare ‘oltre’, trascinando lo spettatore. I temi trattati sono molto ampi: nello spettacolo si parla della vita, della morte, dell’amicizia, della fedeltà, persino del il razzismo. Questo è ciò che vorremmo vedere maggiormente in campo artistico: qualcosa che faccia sorridere ma anche pensare, che parli in senso ampio dell’umanità. Purtroppo, questo non lo si trova sempre”.
Qual è il segreto di questo spettacolo? “Mentre nella maggior parte delle commedie viene utilizzato un linguaggio più ‘quotidiano’ e si raccontano storie ‘ordinarie’, presupposti dai quali diventa difficile fondere la commedia stessa con una tipologia di teatro anche impegnato e di ricerca, in ‘Animali’, invece, avviene esattamente questa fusione. I testi non sono solo comici: lo spettacolo riesce a coniugare l’ironia della commedia a una ‘lettura’ più impegnata e attenta, nascosta dietro la ricercatezza delle parole. Non si va sempre e solo incontro alla risata, ma si offrono vari livelli di comunicazione. E lo spettacolo diventa fruibile sia per i bambini (che giungono a un dato livello di comprensione), sia per gli adulti. È il mio spettacolo ideale e la mia compagnia ideale. Questo è il teatro che amo fare: se si trovasse una produzione disposta a tanto, starei in scena con questo spettacolo tutto l’anno”.
Ogni animale parla con un accento marcatamente regionale, collegandosi direttamente a fatti storici o a credenze popolari legate allo specifico territorio cui si allude attraverso la fonetica: perché? Rende la storia più vera e credibile? “Certo. Molte storie degli animali possono essere anche associate, in parallelo, a eventi realmente accaduti. Come, per esempio, le ondate migratorie che hanno spinto migliaia di persone del sud d’Italia a cercare ‘miglior vita’ altrove. Questo episodio è stato raccontato attraverso la vita del nibbio, l’uccello migratore per eccellenza, che nello spettacolo si esprimeva in dialetto calabrese. Il dialetto è stata una scelta di ‘colore’, ma credo abbia reso anche le storie più efficaci e credibili”.
C’è anche una denuncia nei confronti della società veicolata attraverso la bocca degli animali? Lo scarafaggio, per esempio, ci ricorda come il razzismo etnico sia una realtà? “Indubbiamente. Come nel caso dello scarafaggio ci sono animali che toccano più da vicino tematiche sociali. Ma non vuol essere una polemica o un atto di accusa contro la società, piuttosto uno spunto e un pretesto alla riflessione. La commedia è leggera, perché fa ridere, ma la sua leggerezza consente di non ‘appesantire’ gli argomenti. Il tema, comunque, lo può e lo deve sollecitare, trasportando un senso più profondo nelle parole”.
Stare sulla scena e ‘calcare’ il palco permette di poter ‘parlare’ alla platea: che funzione ha il teatro secondo lei? “Non è facile rispondere a questa domanda, perché in teatro tutto cambia velocemente: lo spettacolo, il ruolo che si interpreta, ma anche il regista, gli altri attori e il teatro stesso. Ogni progetto è una cosa a sé e anche l’approccio con lo stare in scena è in continua evoluzione. Io cerco di non dimenticare mai che si tratta di un gioco. Un gioco serio, con delle regole e una disciplina ferrea, ma pur sempre un gioco collettivo, che fai con te stesso, con i colleghi attori e con il pubblico. Non bisogna mai perdere la leggerezza dello stare in scena: leggerezza intesa come divertimento, l’elemento che ti permette di ‘arrivare’ al pubblico qualsiasi sia l’argomento toccato”.
Nonostante si parli continuamente di crisi economica e, ancor più, di crisi culturale, ‘Animali’ ha registrato ‘il tutto esaurito’ in ogni data. Non è vero, quindi, che la gente non abbia voglia di teatro: secondo lei, qual è l’ingrediente in grado di ‘avvicinare’ il pubblico e cosa si potrebbe fare per migliorare? “Il fatto che ‘Animali’ sia una commedia è andato probabilmente a combaciare con ‘l’onda’ della moda del momento. E, in questo momento, le dinamiche ‘vogliono’ che funzionino solo le commedie, perché oggi la gente vuole soprattutto ridere. Ma un’altra dinamica di questi tempi riesce ad attirare molti spettatori: è quella della forza di attrazione del ‘nome’, del personaggio. In pratica, non si vende più il progetto in sé: i produttori vogliono la certezza di rientrare delle spese, perciò sviluppano solo quei progetti in cui è presente il nome, l’artista più o meno famoso che, da solo, è in grado di attirare il pubblico. Il fattore ‘rischio’ non esiste più, nemmeno quando si crede in un progetto. Con ‘Animali’, nonostante la grande partecipazione, abbiamo incontrato proprio queste difficoltà, di distribuzione e di vendita, perché dentro non c’è il nome famoso. Occorrerebbe far più di attenzione verso quei progetti belli e validi e non soltanto sul ‘personaggio’. Anche perché, venendo a cadere il valore della cosa in sé, si impoverisce tutto”.
Se ‘Animali’ è allegoria della vita e dell’uomo, allora la vita è come un circo? Un grande spettacolo? “Sì. La vita è un grande circo in cui ogni personaggio ha un suo colore, un suo dolore, una sua gioia. Dove ognuno rappresenta un mondo a sé ma, al contempo, partecipa al ‘grande spettacolo’ della vita. ‘Animali’ è un circo dove le gabbie si sono aperte e gli animali, impazziti, si sono messi completamente a nudo”.
E se lei fosse un animale, quale sarebbe? “Non saprei: dovrei trovare l’animale giusto, che fosse, allo stesso tempo, tenero e aggressivo. Mi giocherei la carta del ‘picchio’, anche se ‘picchio’ è il soprannome assegnatomi dai miei colleghi ‘animali’: infatti, come il picchio sbatte ripetutamente il becco contro l’albero in maniera ossessiva, anch’io tendo a essere insistente quando mi ‘fisso’ su qualcosa. In realtà, di me stessa io direi la ‘medusa’, che può salire in superficie o scendere negli abissi. E’ trasparente e, allo stesso tempo, urticante. Le meduse sono esseri fragili, che si possono annientare con poco, ma sanno anche essere aggressive. Si: mi ritrovo in questa ‘doppia valenza’ della medusa”.
Lo spettacolo è andato in scena per la terza volta: avete avuto la ‘grande richiesta’? “Sì. Lo abbiamo portato in scena per la prima volta l’anno scorso e, oggi, siamo alla terza serie di repliche. Abbiamo deciso di riproporlo perché la richiesta è stata notevole e le volte precedenti non c’erano posti sufficienti per tutti. Ovviamente, ripetere lo spettacolo è stato anche un modo per dargli visibilità e cercare una produzione”.
E l’avete trovata? “Ancora non si sa: diciamo che stiamo lavorando per voi…”.
Animali Uno spettacolo di Marco Andreoli, Gabriele Linari, Alessandro Porcu e Andrea Vaccarella Con: Gabriele Linari, Enrica Lizi, Alessandro Porcu, Andrea Vaccarella e Cristiana Vaccaro Voce narrante: Alvaro Vatri Aiuto regia: Matteo Quinzi Costumi: Ottavia Nigris Fonica e luci: Flavio Tamburrini Produzione: Labit/Circo Bordeaux