La società e i suoi ‘strani equilibri’: questa la ‘ragion critica’ di Luigi Pirandello, messa in scena da un gruppo di attori disposti a battersi in favore di un teatro di qualità, che intende semplicemente continuare a dire la propria per gli amanti del genere e i cultori della rappresentazione più tradizionale. E, senza dubbio, più nobile
È sempre un piacere rivedere un po’ di ‘sano’ teatro classico. E osservare in scena ottimi attori come Ennio Coltorti, che sta riproponendo in questi giorni, presso il teatro Arcobaleno di Roma, la propria rivisitazione de ‘L’uomo, la bestia e la virtù’, commedia in tre atti di Luigi Pirandello. Si tratta di una ‘rilettura’ assai fedele del copione originario, andato in scena per la prima volta nel 1919, nonché perfettamente coerente nel porre in evidenza le ipocrisie della moderna società, presentate al pubblico attraverso un sarcasmo che qui vogliamo definire ‘equilibrato’. È veramente teatro classico quello di Coltorti, con il consueto ‘coupe’ alla fine dell’apologo. Ed è l’accusa di ipocrisia quella che emerge con evidenza in questa rappresentazione, ovvero il preciso ‘messaggio’ che l’Autore volle a suo tempo trasmettere attraverso questo lavoro. È un’ipocrisia derivante da un susseguirsi di ‘ossimori opposti’ e atteggiamenti contraddittori, tesi a mascherare ogni verità che potrebbe risultare ‘scomoda’ per la morale corrente. Il personaggio del professore, interpretato dallo stesso Coltorti, sembra un intellettuale di alto livello, ma in realtà si scopre ‘bestiale’ in molti suoi atti pratici; la protagonista femminile, la signora Perella, colei che dovrebbe incarnare la virtù, in realtà già da tempo tradisce il marito con il professore (che è anche il precettore del figlio avuto dal coniuge 'ufficiale'), sino a rimanerne ingravidata; il marito, infine, si comporta sempre sopra le righe, ma la sua stessa ‘bestialità’ alla fine lo trasforma in un pover’uomo obbligato, con l’inganno, a compiere il proprio dovere coniugale. In questo classico triangolo di ‘corna’ e imbrogli, tutto è basato su un testo sarcastico. Ma, ribadiamo, di un sarcasmo ‘equilibrato’, poiché pur tra provocazioni ed egoismi ‘bestiali’, questa compagnia di attori riesce a divertire il pubblico senza mai sfociare nel cinismo. Certamente, ogni gesto, momento e pensiero, sulla scena si rivela utilitaristico, ipocrita e opportunista. Ma lo spettatore viene portato ad affezionarsi a questi bizzarri personaggi, che trasmettono pienamente la critica di fondo dell’Autore in un susseguirsi di equivoci e situazioni grottesche. Come per esempio nella scena del ‘trucco’, che il professore impone alla signora Perella al fine di risultare più ‘accattivante’ agli occhi del coniuge (un ufficiale ‘bigamo’ della marina mercantile di ritorno da una lungo viaggio in mare). Il tentativo di far emergere il lato femminile più autentico della donna, in totale contrasto con l’austero personaggio di madre virtuosa che quotidianamente ella presenta in pubblico, sfocia nell’eccesso opposto di un ‘make up’ quasi ‘clownesco’. A dimostrazione di una delle tesi più classiche del teatro di Pirandello: la repressione della personalità più naturale degli esseri umani genera ‘mostri’ ridicoli e falsi. Alla fine, la vicenda volge all’epilogo: il marito compie il proprio dovere; il professore riesce a mantenere, all’interno del ‘ménage à trois’, il proprio ruolo di precettore di famiglia; la moglie è felice sia di essere riuscita a riconquistare il proprio compagno, sia di poter ‘giustificare’ la propria gravidanza in arrivo, completando in tal modo il classico ‘cerchio concentrico’ del decadentismo ‘pirandelliano’. L’ipocrisia di fondo si mantiene immutabile. Anzi, si rafforza. E tutti sono felici così, poiché ognuno ha ottenuto quel che, egoisticamente - e forse anche un po’ ‘bestialmente’ - desiderava. La società e i suoi ‘strani equilibri’: questa la ‘ragion critica’ di Luigi Pirandello, messa in scena da un gruppo di attori disposti a battersi in favore di un teatro di qualità, che intende semplicemente continuare a dire la propria per gli amanti del genere e i cultori della rappresentazione più tradizionale. E, senza dubbio, più nobile.
L’uomo, la bestia e la virtù
di Luigi Pirandello
regia: Ennio Coltorti
con: Ennio Coltorti, Liliana Randi, Sergio Smorfa, Caterina Taccone, Matteo Fasanella, Antonio Coppola, Gioietta Gentile, Nina Raia, Ladislao Liverani, Antonio Perretta, Michele Prosperi
Teatro Arcobaleno - Roma
dal 28 novembre al 21 dicembre 2014 - venerdì, sabato e domenica ore 21,00
Via Francesco Redi 1/a
Prezzo biglietti: 13-19 euro
Info e prenotazioni: 06.4402719 - info@teatroarcobaleno.it