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È tutta italiana la scoperta della bioplastica: la chimica ‘verde’ un giorno farà diventare frutta e verdura strumenti e abbigliamento utili all'essere umano. Le aziende si stanno impegnando costantemente a rendere il nostro futuro sempre più prospero e accessibile a tutti. La guerra all’inquinamento è stata dichiarata anche da parte del settore chimico: la lotta per un futuro sostenibile sarà sempre più biologica. Per limitare i fattori che ‘ammorbano’ il nostro pianeta con sostante nocive, i ricercatori dell’Ictp-Cnr di Pozzuoli (Istituto di chimica e tecnologia dei polimeri) sono riusciti a ottenere dalle materie di scarto di origine vegetale oggetti di uso quotidiano che, normalmente, sono di plastica. Ciò che incoraggia il continuum della ricerca sono i risultati ottenuti, che fino a ora hanno dato segnali di riuscita. Un esempio lampante è il materiale biodegradabile ottenuto dalla buccia dei pomodori San Marzano, dalla quale sono state ricavate due paia di scarpe. Per ottenere questi risultati, il Cnr ha prodotto e attuato un processo di produzione e di aiuto nella crescita per le piante interessate proprio nel loro momento di sviluppo: non più fertilizzanti chimici, che potevano creare un problema alla pianta in sé e, conseguentemente, all’uomo, ma concimi organici, i quali non hanno bisogno di essere rimossi e vengono assorbiti completamente dalla pianta. Le ricerche dell’Istituto chimico di Pozzuoli hanno ‘sconvolto’ le produzioni classiche della plastica: a Porto Torres, in Sardegna, uno dei più importanti poli chimici del nostro Paese, debilitato dalla crisi, ha trovato modo di ‘respirare’ grazie alla produzione della ‘bioplastica’. La sua produzione di plastica non si basa sui pomodori, ma su intere piantagioni di cardi, mais e granoturco. Tali piante sono facilmente controllabili, non richiedono l’utilizzo di sostante sintetiche per crescere. Semplicemente, basta l’acqua piovana per rendere le colture utilizzabili. Da questi tre tipi di vegetali si dovrebbero ottenere molteplici applicazioni: dallo spazzolino da denti alla suole per le scarpe. Dopo tali iniziali successi, le aziende bioplastiche vogliono spostare il loro lavoro sui possibili utilizzi che si possono ricavare dalla frutta quale agrumi, castagne o uva. L’Italia è uno dei Paesi più sviluppati nella produzione della plastica vegetale, grazie anche alla lunga tradizione derivante dall’azienda Montedison S.p.a. Figlia dell’azienda fiorentina è, oggi, la giovane Novamont, prima società italiana impegnata nell’avanguardia della nuova chimica biologica (per approfondimenti e curiosità: http://www.novamont.com/). Anche il resto del mondo vuole stare al passo con i tempi: Elif Belgin, studentessa sedicenne turca, di recente ha infatti vinto il ‘2013 Science in Action award’, concorso scientifico organizzato da Google (Google Scienze Fair) al fine di premiare i giovani dai 13 ai 18 anni per le loro invenzioni. Ebbene, la Belgin ha vinto grazie a un esperimento di trasformazione di una buccia di banana in materiale ecosostenibile e bioplastico. Per mettere a punto il suo progetto, la giovane studentessa ha impiegato 2 anni. Ma, alla fine, si è aggiudicata il premio da 50 mila dollari con un sorriso che ha dimostrato al mondo come si deve sempre migliorare. Qui di seguito il video in cui la giovane scienziata turca spiega il suo progetto. (www.laici.it)