Quanto costa tutelare la propria vita privata nell’epoca del selfie? Forse troppo se ciò significa anche garantire l’anonimato dei criminali informatici, e magari il TOR non è il futuro di cui abbiamo bisogno
I social network hanno rivoluzionato la concezione di privacy. Tutto ciò che prima era argomento di vanto perché considerato ‘solo mio’, al giorno d’oggi rende tutti padroni di tutto. Ma questo modo di controllare l’altro non diverte più; anzi si cerca insistentemente di evitare di rendere pubblico tutto ciò che ci appartiene. Per questo motivo il colosso mediatico di Zuckerberg consentirà agli utenti l’uso dell’anonimato utilizzando una rete TOR – acronimo di The Onion Router –, un sistema di comunicazione anonima per Internet. Tor è stato sviluppato nel 2002 dalla Electronic Frontier, con la sponsorizzazione della US Naval Research Laboratory (NRL, società per la ricerca di laboratorio della Marina Navale americana che conduce osservazioni scientifiche sulla tecnologia avanzata) ed è attualmente gestito da The Tor Project, associazione senza scopo di lucro.
Questo sistema protegge i suoi utenti attraverso una rete di router crittografati che permettono di navigare in completo anonimato, rendendo difficile i controlli sul web e proteggendo il traffico di utenze private.
La rete Tor fornisce essenzialmente due servizi: connessioni anonime in uscita e fornitura di servizi nascosti. Ma se, da una parte, il software tutela la privacy degli utenti, proteggendo i sistemi di cifratura e garantendo l'inviolabilità di dati sensibili quali operazioni bancarie e pagamenti con carte di credito, dall'altra quel che circuita tra Facebook, Whatsapp, Twitter e lo stesso Google, non può essere più controllato dalla polizia postale.
Così, in pratica si rischia di garantire 'invisibilità' e vie di fuga al cybercrime