Il mensile di informazione e approfondimento che
intende riunire culturalmente il nostro Paese nel pieno rispetto di tutte le sue tradizioni, vocazioni e ispirazioni ideologiche e politiche.
diretto da Vittorio Lussana
Area Riservata
26 Aprile 2024

Oligarchia in rete

di Michele Di Muro - mdimuro@periodicoitalianomagazine.it
Condividi
Oligarchia in rete

Questo lo scenario che pare delinearsi nel mondo del web in seguito al voto dello scorso 14 dicembre, con il quale la Federal Communications Commission statunitense ha decretato l’abrogazione del principio di neutralità della rete portato avanti dall’amministrazione di Barack Obama

Addio ‘Net Neutrality’. Senza di essa, colossi come Google o Facebook probabilmente non avrebbero mai potuto crescere e svilupparsi. Solo attraverso una connettività libera, senza restrizioni e discriminazioni, è stato possibile far entrare internet nelle case di tutti i consumatori. Di fatto, la recente votazione espressa dall’agenzia governativa americana con a capo Ajit Pai (costituita da cinque membri non eletti e nominati dal presidente americano e confermati dal Senato degli Stati Uniti) libera i fornitori di servizi internet, i providers, dall’obbligo di offrire un accesso equanime a tutti i contenuti-web. Da un punto di vista legislativo, il voto prevede l’annullamento del Titolo II del ‘Communications Act’, emanato nel 2015 dalla precedente amministrazione Obama, con il quale erano state stabilite le regole di Internet. Il provvedimento ‘Open Internet Order’, frutto di un lungo dibattito, che aveva coinvolto anche l’opinione pubblica, rafforzava il potere della Fcc e assoggettava i servizi internet alle stesse norme che regolano l’operato degli operatori telefonici di base. In particolare, tre regole limitavano l’azione dei provider in difesa della neutralità della rete: a) No blocking, ovvero l’impossibilità di blocco di dispositivi, servizi applicazioni e contenuti legali; b) No throttling, che proibiva l’alterazione del traffico internet; c) No paid prioritization, che sanciva l’impossibilità per gli operatori di rete a banda larga di favorire parte del traffico internet e di rendere prioritari contenuti e servizi a pagamento. Sul piano politico, il voto della Fcc s’inserisce nel più generale sforzo che l’amministrazione Trump sta producendo in merito alla cancellazione di quanto compiuto nei due mandati di Barack Obama, come per esempio la cancellazione del piano ‘Dreamers’ o la modifica dell’Obamacare. Con la cancellazione dei limiti stabiliti dall'Open Internet Order si favorirà la libera azione delle aziende che gestiscono la connessione a banda larga. Nel peggiore immaginario possibile, si giungerà alla formulazione di un internet a due velocità. Gli Isp (Internet service providers, ndr) come At&t, Verizon e Comcast, avranno ‘carta bianca’ nella gestione del traffico e nel controllo dei contenuti visualizzati dagli utenti: potranno cioè bloccare o rallentare quelli prodotti da determinate aziende e favorire, altresì, quelle che pagano di più. In sostanza: una limitazione alla libera concorrenza. Le ‘start up’ non potranno competere con l’operato dei più forti (negli Usa, alcuni fornitori sono essi stessi produttori di contenuti web) e l’innovazione ne risentirà fortemente. E’ questo quanto temono i sostenitori della ‘Net Neutrality'. Il voto della Fcc sta già generando un forte movimento di protesta, che ha coinvolto cittadini e operatori della Silicon Valley. Pesanti critiche sono giunte dall’Internet Association, di cui fanno parte anche Google e Facebook, così come dalla componente democratica dell’agenzia governativa, rappresentata da Mignon Clyburn e Jessica Rosenworcel. La prima ha dichiarato la propria indignazione verso l’operato della Fcc, che avrebbe a suo dire “abdicato alla responsabilità di proteggere i consumatori della banda larga”. La Rosenworcel, invece, ha parlato di “un processo di revisione corrotto” e di “disprezzo” mostrato dall’agenzia “per l’opinione pubblica”, riferendosi alle modalità con cui la commissione avrebbe ignorato le e-mail giunte a sostegno della neutralità della rete inviate prima del voto. Il procuratore di New York, Eric Schneiderman, ha annunciato la sua intenzione di fare causa contro la decisione. Così come, dice il ‘Guardian’, ci si può attendere un’azione legale intentata da molte società che operano in internet. Dal canto suo, Ajit Pai ha difeso il proprio operato dichiarando di "ritenere inutile la regolamentazione del 2015", la quale, a suo dire, avrebbe prodotto “una serie di opprimenti limitazioni, lesive dell’innovazione e del libero mercato”. Il voto dello scorso 14 dicembre è solo l’ultima di una serie di controverse operazioni portate avanti dal capo dell’agenzia, come per esempio il taglio delle concessioni di internet veloce in favore delle famiglie meno abbienti. Siamo dunque di fronte a una stravagante idea di libero mercato e a una visione alquanto ‘intermittente’ della democrazia. Concezioni le quali non potranno far altro che produrre nuove e ulteriori ‘doppiezze’, oltreché nuove condizioni di oligopolio, che finiranno con l’irrigidire l’andamento dei prezzi per la mancata concorrenza, la formazione di nuovi ‘cartelli’ e il freno posto alla competitività di interi settori di mercato.

Save_net_neutrality.jpg


Periodico Italiano Magazine - Direttore responsabile Vittorio Lussana.
Registrata presso il Registro Stampa del Tribunale di Milano, n. 345, il 9.06.2010.
EDITORE: Compact edizioni divisione di Phoenix associazione culturale