Torna in televisione l'ennesima replica della prima stagione di Life, poliziesco interamente ambientato a Los Angeles. Una serie televisiva composta solamente da 2 stagioni che, negli Usa, non ha avuto molta fortuna, malgrado il soggetto originale che vede un poliziotto condannato ingiustamente di triplice omicidio
È tornata da qualche settimana in programmazione, all’interno del palinsesto di Rete 4, il sabato notte e in un orario da ‘vampiri’, la serie televisiva ‘Life’, ovvero la storia del ritorno alla vita normale di un poliziotto, Charlie Crews, accusato ingiustamente di triplice omicidio e tenuto in prigione per 12 anni. Si tratta di un soggetto interessante, nella scia stilistica del ‘burbero’ dottor House. In questo caso, il ‘trauma scatenante’ che trasforma un onesto poliziotto in una specie di ‘belva’ assetata di verità è il ‘servizietto’ confezionatogli da alcuni elementi corrotti della Polizia, che lo porta ad affrontare una detenzione in isolamento che avrebbe reso folle anche un ‘santo’. Dopo esser stato scagionato da un’amica avvocatessa, che riesce a provare la sua innocenza, il protagonista viene reintegrato nel proprio corpo di Polizia. Ma l’uomo, ormai, è diventato un altro: la durissima esperienza vissuta lo ha condotto a formarsi una filosofia completamente nuova, composta di numerose originalità ‘borderline’. Il suo metodo d’indagine, a prima vista bizzarro, gli fa notare dettagli sottostimati da tutti, mentre negli interrogatori la sua rabbia è divenuta una razionalità fredda, lucidissima, spiazzante. Crews non intende dimenticare quanto gli è capitato. E accanto alle indagini che lo vedono impegnato quotidianamente, egli continua ad arrovellarsi ossessivamente intorno a quanto successo dodici anni prima, su come sia finito nella trappola che gli è stata predisposta e, soprattutto, a causa di chi. Nel compiere questa drammatica inchiesta, questa disperata ricerca nel passato, Crews utilizza elementi di ragionamento raccolti nelle indagini quotidiane o, viceversa, mutua pensieri e riflessioni relative alla sua vicenda personale per venire a capo dei misteri che affronta ogni giorno. Il soggetto originale di questo telefilm, insomma, è decisamente brillante. E il ruolo di detective bene interpretato dall’attore inglese Damian Lewis, un ‘rosso’ intelligente e spigliato. Benché apparentemente impassibile, Crews è ormai una ‘bestia’ infuriata, nessuno riesce a disarmarlo o a fermarlo. In carcere ha appreso quanto sia essenziale riuscire a trovare sempre un’alternativa a ogni situazione. Dunque, ha imparato a tenere sempre con sé due pistole: quella di ordinanza e quella personale, che gli garantisce spettacolari ‘effetti - sorpresa’ nei confronti di chi crede di averlo reso inoffensivo. In casa propria, inoltre, ha riservato un’intera stanza alla ‘sua’ indagine. E, con il susseguirsi degli episodi, mano a mano inizia ad appendere sul muro una serie di foto, ad aggiungere elementi, a stabilire nuove relazioni tra poliziotti corrotti, rapinatori, mafiosi, informatori, spacciatori, pericolosissimi criminali internazionali. Alla fine, la stanza diviene una sorta di enorme ‘puzzle’ con infinite soluzioni, in cui ogni elemento si incatena a un altro in continui rapporti di interscambiabilità o di reciprocità. Ma Crews riesce finalmente a venire a capo del mistero, fino a scontrarsi apertamente con il vertice dell’organizzazione che lo ha raggirato, scoprendo addirittura che la ‘mente’ di tutto altri non era che l’ex capo della Polizia, nonché padre della sua principale partner di lavoro in ufficio. Dunque, non può nemmeno ‘incastrarlo’, poiché si tratta di un poliziotto troppo potente che, a sua volta, ha raccolto amicizie in tutti gli ambienti della Polizia e in ogni organizzazione criminale. Per cui, Crews è costretto ad accontentarsi di arrestare e far confessare l’esecutore materiale del raggiro subìto, tra gli applausi di tutti i colleghi, fino ad arrivare a un durissimo ‘faccia a faccia’ con l'unico vero nemico - e probabile futuro suocero - con il quale la sfida è destinata a proseguire. Ma quella che sembra la conclusione della vicenda non è altro che l'inizio di una caccia all'uomo ben più vasta. Infatti Crews si renderà presto conto che l'uomo che ha commesso i delitti non è altro che un mero esecutore, la punta di un iceberg che nasconde un piano ben più ampio.