Le maschere e il carnevale: un legame inscindibile, un rapporto di reciproca dipendenza che, ancora oggi, perdura tra passato e presente immersi in un’atmosfera magica che dona l’opportunità per visitare la laguna più bella del mondo
Il carnevale di Venezia, oltre a essere il più popolare al mondo, è anche quello dalle origini più antiche. Tra tutte le celebrazioni più rappresentative e legate alla tradizione, la festa del carnevale spicca per il grande afflusso di persone che prende parte al grande evento. Quest’ultimo viene infatti celebrato per 18 giorni: strade, piazze, vicoli e l’interno dei palazzi ducali sono, ogni anno, gremiti di gente, rigorosamente mascherata. Sono inoltre previste: sfilate in maschera; balli nelle sale degli antichi palazzi ducali; concerti nelle chiese; gare per i costumi più belli; infine, la possibilità di ammirare artisti di strada. Anche le rappresentazioni della commedia dell’arte appartengono alla tradizione: quest’anno, per l’occasione, torna il Gran Teatro, la gigantesca macchina teatrale allestita al centro di piazza San Marco, fulcro della manifestazione e dei vari eventi. Il tema scelto per il 2017 è quello della vanità: il titolo del carnevale veneziano, quest’anno, è ‘Creatum Vanity Af-fair’. Un’idea voluta fortemente dal direttore artistico, Marco Maccapani, che s’incentra sulle antiche origini di Venezia, legate alla toponomastica della città, con in più, nel titolo della manifestazione, la parola composta ‘Af-fair’: un invito ad appagare il desiderio di apparire, di strafare, di essere qualcun altro. Il ‘grand opening’ sull’acqua, lo spettacolo sul rio di Canareggio e le strutture galleggianti, danno il consueto benvenuto al carnevale, mentre la mattina del primo sabato di festeggiamenti si tiene la tradizionale ‘Caccia al carnevale’, in cui i partecipanti, divisi in squadre e con indosso la ‘Bauta veneziana’, tipica maschera carnascialesca, affrontano un percorso predeterminato. (Nella foto LA BAUTA VENEZIANA)
La storia
Il termine carnevale trae origine dal latino ‘carnem levare’, ossia: “Togliere la carne dalla dieta”. Tale espressione, nel Medioevo, indicava l’ordinanza ecclesiastica di astenersi dal mangiare carne dal primo giorno di Quaresima sino al giovedì prima di Pasqua. Dall’VIII secolo si parla di una festa caratterizzata da uno sfrenato uso del cibo, di bevande e di piaceri sessuali. Festeggiamenti di lunga durata: dalla prima domenica di ottobre, entrava nel vivo il giorno dopo l’Epifania, per concludersi nei giorni precedenti la Quaresima. La tradizione carnascialesca veneziana, invece, risale ai ‘Saturnali delle Libertà’, una festa pagana degli antichi romani che spesso dava vita a manifestazioni di rovesciamento dell’ordine sociale. La prima testimonianza originale (1094) menziona un “pubblico spettacolo” per le strade di Venezia durante il periodo pre-quaresimale, sotto il dogato di Vitale Falier. E’ del 1296 il documento ufficiale che dichiara il carnevale una festa pubblica. Tra la metà del quattrocento e la fine del cinquecento, l’organizzazione della tradizionale ricorrenza fu regolamentata e ufficializzata. Venne affidata alle ‘Compagnie della Calza’: associazioni di giovani patrizi, i quali indossavano calze colorate per distinguersi dal ‘Sestriere’ di appartenenza. I rioni veneziani, infatti, sono 6. E tuttora mantengono il loro nome. Nel secolo d’oro (1700), i festeggiamenti duravano appunto 6 settimane (dal 26 dicembre, sino al martedì grasso). Il carnevale come istituzione della ‘Serenissima’ lasciava libero sfogo ai cittadini: le classi aristocratiche concedevano ai ceti più bassi di mascherarsi. I poveri erano così ‘al pari’ dei ricchi. I consueti ruoli sociali venivano scambiati. E l’anonimato permetteva a tutti, indistintamente, di celare la propria identità. Annullando le apparenze personali, ognuno si sentiva libero di stabilire comportamenti in base ai costumi indossati al momento. I ricchi abbandonavano i propri affari per tutto il periodo del carnevale: prediligevano burle, divertimenti e spettacoli, i quali si svolgevano, oltre che in piazza San Marco, lungo la riva degli Schiavoni e in tutti i principali ‘campi’ veneziani. La città diveniva meta di trasgressione e giochi proibiti: tutto era concesso e i desideri nascosti si potevano realizzare. Il carnevale antico venne però sospeso nel 1797 a causa dell'occupazione napoleonica (dopo la caduta della Repubblica di Venezia), poiché giudicato “sovversivo”. La tradizione si conservò nelle isole (Burano e Murano), dove i festeggiamenti continuarono, anche se in tono minore.
Gli eventi principali
Il carnevale di Venezia, dopo una lunga pausa storica, fu “riportato alla luce” nel 1979. Da questa data, ogni edizione è dedicata a temi diversi e dura ufficialmente 18 giorni: il giovedì e il martedì ‘grasso’ sono quelli di maggior fermento. Nonostante lo sfarzo del settecento rimanga un vago ricordo, si cerca tuttavia di mantenere la tradizione. Le maschere sono legate agli abiti d’epoca della ‘Serenissima’, ma contestualizzati a oggi. Durante il periodo carnascialesco, Venezia risente di una grande confusione, seppure l’evento sia occasione per visitare la città in un contesto diverso dal solito. Il fascino di camminare per ‘calli’ e ‘campielli’ rende l’atmosfera magica e sensuale. Attualmente, si punta più sul turismo e sugli spettacoli: è facile, perciò, trovare artisti di strada esibirsi e gruppi musicali improvvisare spontaneamente e rigorosamente in maschera, mentre gli ‘sbandieratori’, i gruppi carnevaleschi tradizionali e i musicisti, oltre che riempire i vicoli, camminano da San Pietro di Castello sino al punto nevralgico della festa: piazza San Marco. Molti gli appuntamenti indetti per l’occasione. Essi hanno origini storiche, ma nel tempo hanno subito delle evoluzioni. Il ‘Volo dell’Angelo’ o della ‘Colombina’, uno dei principali eventi di apertura, si svolge nella prima domenica di festa. Nel cinquecento, un funambolo dell’epoca riuscì, su un filo, ad arrivare dal campanile di San Marco fino a Palazzo Ducale. In seguito, nel 1759, un uomo dotato di ali scese lungo la fune, ma si schiantò al suolo: fu così che una colomba di legno prese il posto degli acrobati. Dal 2001, una ragazza ben ‘imbragata’, sostituisce la colomba. La ‘Festa delle Marie’, invece, è stata reintrodotta nel 1999, ma ha origini antiche: rievoca l’omaggio che il Doge faceva alle ‘donzelle’ di umili origini, donando loro la dote per il matrimonio. Attualmente, vengono scelte 12 Marie, che sfilano nel pomeriggio del primo sabato di carnevale fino a piazza San Marco, per poi eleggere la più bella. Lo scorso 18 febbraio si è già tenuto il corteo storico: da San Pietro in Castello, si percorre via Garibaldi e riva degli Schiavoni, per arrivare a piazza San Marco. Il ‘Volo dell’Asino’, è invece una parodia del ‘Volo dell’Angelo’. Si svolge a Mestre e nelle città limitrofe al capoluogo veneto: un ospite si cala dalla Torre fino a piazza Ferretto vestito da somaro. Il ‘Volo dell’Aquila’, insieme al ‘Volo dell’Angelo’, hanno origini antiche e sono i due voli acrobatici che si tengono le due domeniche conclusive del carnevale. La ‘ballata del toro’, inoltre, rievoca come ogni anno l’antico aneddoto avvenuto il giovedì grasso del 1162: grazie all’associazione ‘Compagnia l’arte dei Mascareri’, si celebra la vittoria del doge Vitale Michiel II sul Patriarca Ulrico di Aquileia; alleatosi con 12 feudatari ribelli. Il rituale terminava con il taglio della testa del toro. Oggi, durante il giovedì grasso, in piazza San Marco, è possibile ammirare il combattimento, riproposto con elementi in cartapesta. Gli eventi più ambiti sono quelli che si svolgono all’interno degli sfarzosi palazzi: ricchi di arredi e di sf
arzo, evocano le atmosfere di un tempo. Solitamente, sono molto costosi (tra i 400 e i 500 euro a persona) ed è d’obbligo indossare il costume d’epoca. Il ‘ballo del Doge’ è uno dei più famosi e attesi. Molto esclusivo, quest’anno celebra la sua 24esima edizione nella cornice di Palazzo Pisani Moretta, sul Canal Grande. L’evento è sinonimo di lusso, sia per l’eccellenza degli spettacoli e la cura dei dettagli, sia per la ricercatezza del menù. Soprattutto, prevede la partecipazione di ospiti internazionali, star dello spettacolo, nobildonne e nobiluomini, manager, artisti, vip e via discorrendo. La ‘Galleria delle Meraviglie’ è un altro evento suggestivo ed esclusivo. Si tiene all’interno del maestoso palazzo Ca’ Vendramin Calergi, anch’esso sul Canal Grande. La cena e il ‘gran ballo’ si aprono con un aperitivo, seguito da un raffinato pasto di 5 portate. La degustazione di vini italiani selezionati si svolge nelle sale rinascimentali del palazzo: spettacoli, giochi al casinò e musica (live e dj set) sono un ottimo svago. La quota di partecipazione si aggira attorno ai 400 euro a persona e si entra solo se vestiti in maschera. Con lo ‘Svolo del Leon’ si chiude la kermesse e si celebrano le glorie di San Marco. Il martedì grasso, infine, è possibile ammirare il gonfalone di San Marco, lo storico ‘leone alato’ che ha reso immortale la ‘Serenissima’, florida Repubblica del Mediterraneo e potenza economica, commerciale e militare del mondo. (Nella foto IL VOLO DELL'ANGELO O DELLA COLOMBINA)
Le maschere tipiche
Le maschere di carnevale venivano usate, in passato, anche durante l’anno: nei festeggiamenti ufficiali, nei giorni dell’Ascensione e in altre occasioni. Esse venivano dipinte e decorate dagli artigiani consociati nell’Arte dei ‘Maschereri’ sin dal 1436. Ridenominati ‘mascareri’ al tempo del Doge Foscari, essi venivano affiancati dai ‘targheri’, che donavano alle maschere ridicole fisionomie, arricchendole di disegni: ricami, perline, piumaggi e altro ancora. Il carnevale e le maschere vivono un rapporto di 'reciproca dipendenza': la loro relazione è inscindibile. Si utilizzano, ancora oggi, maschere legate ai personaggi più popolari della commedia dell’arte, ma anche quelle che hanno una storia più antica. L'uso delle maschere era molto diffuso: chi non poteva permettersi gli sfarzosi abiti carnascialeschi, li noleggiava dalla ‘revendigola’. La diffusione dei vestiti di carnevale permise lo sviluppo progressivo del commercio di questi ultimi. La storia delle maschere di carnevale cominciò a essere documentata nel XIII secolo: notizie, produzioni, scuole e tecniche di realizzazione furono i veicoli fondamentali, mentre argilla, cartapesta, gesso e garza i primi strumenti di realizzazione. In città, attualmente, sono rimaste poche botteghe, in cui i ‘maschereri’ ancora creano maschere all’antica. Esse sono molto costose e, soprattutto, devono avere il certificato di garanzia. Le più conosciute sono la ‘Baùta’, il ‘Tabarro’, la ‘Moretta’ e la ‘Gnaga’. Quest’ultima, viene usata dagli uomini per impersonare figure femminili. Essa prevede, infatti, vesti femminili e una maschera con le sembianze di una gatta. La ‘Baùta’ viene utilizzata non solo a Carnevale, ma anche in altri ambiti, perché semplice e versatile: maschera bianca per il volto; mantello nero; tricorno per copricapo. Il suo uso iniziò nel XVII secolo e continua ancora oggi da parte di uomini e donne. Il 'Tabarro', viceversa, è una maschera molto antica. Già usato in epoca romana e medievale, essa è costituita da un mantello in ‘panno doppio’ sopra le spalle e rappresenta il classico costume di carnevale: tabarro, bauta e cappello a tricorno. La ‘Moretta’, invece, è una mascherina piccola e ovale in velluto rosso. Si porta con un cappellino e indumenti raffinati. Particolarmente adatta ai lineamenti femminili, si diffuse dalla Francia fino a Venezia: si definisce “muta”, poiché la maschera si reggeva sul volto tenendo in bocca un bottone interno. Fanno parte di questo variegato panorama anche il ‘Bernardone’ o ‘Bernardon’; il ‘Mattaccino’, un pagliaccio che gettava uova profumate alle persone affacciate ai balconi; il ‘Medico della peste’, che ha un naso simile a quello di una cicogna; Brighella, Pantalone, Arlecchino, Franceschina e Colombina sono, infine, i personaggi provenienti dalla commedia dell’arte ‘goldoniana’. Questo filone teatrale ha reso Arlecchino la maschera più rappresentativa di Venezia. Ma si tratta di un’appropriazione indebita, poiché il personaggio è originario della città di Bergamo, la più lontana e irrequieta delle province della ‘Serenissima’. Per punire la tendenza autonomista e il non sempre puntuale pagamento dei tributi dei nobili e delle popolazioni orobiche, Venezia decise di adottare la loro maschera più colorata e divertente come atto di sottomissione culturale dei feudi e dei territori veneziani della Lombardia nord-occidentale. (Nella foto LA MORETTA)
Oggi
Sono trascorsi millenni dalle prime origini del carnevale. E infinite sono state le rassegne storiche che hanno colorato Venezia e la sua laguna. L’obiettivo del carnevale veneziano, però, oggi è cambiato: trattandosi di un fenomeno di spettacolo, oltre che turistico, è divenuto un vero e proprio evento mediatico. La partecipazione al rituale del travestimento collettivo rimane l’essenza della manifestazione, che favorisce l’atmosfera goliardica dei partecipanti. Possiamo così vedere, ogni anno, una Venezia ricca di colori e di sfarzo, gremita di gente che riempie i vicoli, le ‘calli’ e le piazze, per assistere agli eventi in programma. Le rappresentazioni teatrali, i balli, gli scherzi e i galà esclusivi diventano occasione per visitare la laguna più bella del mondo e celebrare il fascino di una Repubblica marinara molto potente, ma culturalmente aperta, socialmente avanzata, che seppe donare ai propri cittadini lunghi secoli di felicità collettiva. Tutti in maschera, dunque, per trascorrere giorni ricchi di divertimento e di svago. Sebbene prendere parte alla manifestazione sia molto costoso, sia Trenitalia, sia Ntv-Italo favoriscono i viaggiatori con sconti sui biglietti per raggiungere il capoluogo lagunare e non solo. Consigliamo, inoltre, di fare un salto anche a Burano, isoletta limitrofa famosa per il suo caratteristico carnevale. I festeggiamenti carnevaleschi si concluderanno il 28 febbraio, martedì grasso. Il prossimo appuntamento è previsto nel 2018: da sabato 27 gennaio a martedì 13 febbraio.
ARLECCHINO, ASSO DI DENARI E ASSO DI CUORI SUL CANAL GRANDE
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