Uso internet, quindi esisto. È questo il diktat che muove un'intera generazione attraverso la comunicazione sui social network, nell'illusione di poter raccontare la realtà senza intermediari, senza che nessuno dica ciò che si deve fare o pensare. Un'illusione, appunto. E sono molte le esperienze che avvallano questa sfiducia verso il carattere democratico e libertario della rete.
Mentre milioni di utenti vivono tra sms e comunicazione interattiva attraverso twitter e facebook, aumenta il numero di esperti di comunicazione che sulla produzione e circolazione libera delle idee nutrono molti dubbi. Per esempio, secondo Manuel Castells, sociologo spagnolo naturalizzato statunitense, internet non è nè orizzontale nè deterritorializzata. È una struttura che ha centri di monitoraggio e di controllo nei quali un certo tipo di comunicazione è bloccata, quasi tutte controllate e alcune censurate. Tale convinzione non si basa solo sui casi di censura politica attuati in particolari aree del pianeta (vedi Cuba o la Colombia), ma su un'analisi di quelli che sono i temi trattati in 'rete'. Fra gli argomenti di cui si parla emerge una cultura di massa 'addomesticata' da quel grande agente 'socializzatore' e programmatore di regole di comportamento che è il sistema capitalista livellato come 'mondo unico'. Nel passaggio stesso delle informazioni, nelle quali tutto è sintetizzato (titoli, paragrafi che si riassumono in se stessi), solo una minima parte degli utenti elabora analisi o interpretazioni sugli avvenimenti che accadono nel pianeta. Nelle notizie diffuse in rete spesso non c’è contesto, non c’è storia, non c’è relazione nè casualità tra avvenimento e avvenimento. Tutto diventa comunicazione veloce, nella quale ci si abitua ad assimilare informazione senza come nè perché, senza analisi nè riflessione sull'autenticità e origine della stessa. E in tutte le chat e reti sociali in cui è possibile inscriversi lo spirito critico è stato sostituito dal 'commento' non argomentato, dal punto di vista personale privo di fondamento razionale. Un pubblico malato di opinionismo compulsivo che grazie alla “libertà senza frontiere” della rete può permettersi con totale impunità, di “criticare” o di “giudicare” qualsiasi avvenimento senza avere informazione nè elementi di base e di analisi sull’argomento di cui si discute. E poiché il controllo mentale è una tecnica orientata a captare e/o manipolare la condotta delle persone, controllando le sue emozioni e la sua capacità di 'riflessione', con la finalità di orientare comportamenti (sociali o individuali) verso le finalità cercate dal 'controllore' (Governi, gruppi di potere, ecc), appare lecito domandarsi "chi controlla e stabilisce le regole di gioco delle reti sociali?".