Nel nostro paese, secondo il rapporto Istat, le donne uccise nel 2011 sono state 127 (di queste, 114 sono state uccise da membri della famiglia, 68 dal partner e 29 dall'ex-partner), con l'aumento del 6,7% , rispetto all'anno precedente e nei primi mesi del 2012 sono più di 63 le donne uccise da maschi umani, che sono spesso mariti, oppure compagni o ex-partner. Siamo di fronte ad una situazione che testimonia come in Italia, che comunque possiede un sistema di valori democratici che ancora sanno far fronte alle tempeste dell'individualismo esasperato, si sia lontani da una vera educazione alla differenza di genere.
Nell'articolo 3 della nostra Costituzione si legge: "(…) rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana (…)". La IV Conferenza Mondiale delle Nazioni Unite definisce nel 1995 la violenza di genere come il mantenimento di una relazione di potere storicamente determinata tra l'uomo e la donna, favorendo, di fatto, la successiva formulazione di leggi che disciplinino il problema. Viviamo in un mondo nel quale i fondamentali diritti delle persone sono calpestati quasi quotidianamente. Tanto che le parole che si leggono nella Bibbia circa il comportamento degli empi non sembrano essere datate come possiamo credere. Si ha la sensazione, in sostanza, che certe manifestazioni dell'umana convivenza siano persistenti da sempre e che nulla di effettivamente importante sia cambiato, rispetto alla violenza del passato.
In Italia, secondo il rapporto Istat, le donne uccise nel 2011 sono state 127 (di queste, 114 sono state uccise da membri della famiglia, 68 dal partner e 29 dall'ex-partner), con l'aumento del 6,7% , rispetto all'anno precedente e nei primi mesi del 2012 sono più di 63 le donne uccise da maschi umani, che sono spesso mariti, oppure compagni o ex-partner. La maggior parte di queste vittime sono italiane (78%), come, del resto, sono italiani anche i maschi assassini (79%). È inutile ricordare inoltre che il 1999 è stato l'Anno Europeo della lotta contro la violenza nei confronti delle donne, perché, in genere, queste dichiarazioni pubblicitarie europee restano lettera morta, senza contribuire di fatto alla costruzione di atteggiamenti e comportamenti concretamente visibili nella vita quotidiana. Si tratta, di dichiarazioni di intenti che rimangono tali, tranne nei casi in cui l'Unione Europea debba decidere di questioni economiche per il benessere di pochi e il malessere di molti.
In questa situazione la nostra cara Italia non ha ancora firmato la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione ed il contrasto della violenza di genere, firmata invece ad Istanbul nel 2010 dai 10 stati europei. Per fortuna in Toscana accade qualche cosa di significativo, sia sul piano politico che su quello civile. Infatti, Marina Staccioli, Consigliere della Regione Toscana e Vice Presidente della Commissione Istituzionale per l'emergenza occupazionale, ha presentato l'11 Settembre 2012, una importante mozione nella quale impegna la Giunta Regionale Toscana a farsi portavoce, presso il Governo italiano, per la modifica della materia in questione, soprattutto per quanto riguarda la semplificazione dell'iter in sede di indagini e l'eventuale condanna dei violentatori. A parte questa fortuna toscana (decisamente rara nel panorama politico della Regione…), quello che ci interessa evidenziare è l'aspetto antropologico dell'iniziativa, e cioè la rilevanza della mozione in se stessa, grazie alla quale si chiede un impegno civile ben preciso.
Siamo di fronte ad una situazione che testimonia come nel nostro paese, che comunque possiede un sistema di valori democratici che ancora sanno far fronte alle tempeste dell'individualismo esasperato, si sia lontani da una vera educazione alla differenza di genere. È in questi ambiti che possiamo valutare la sensibilità di un popolo rispetto all'idea che con la forza si impone una superiorità che il cervello dimostra di non possedere. Eppure, femmine e bambini continuano ad essere le vittime naturalmente privilegiate per esercitare su di esse quel potere che il mondo nega ad alcuni maschi umani, i quali, consapevoli spesso della loro inferiorità culturale, esprimono tanto la loro rabbia quanto il loro dolore in questo turpe modo. Per giungere al rispetto delle differenze dobbiamo cominciare a produrre pensieri adatti allo scopo nei bambini che frequentano l'asilo e dunque la scuola primaria, con temi, e giochi che mettano in luce le funzioni e le azioni che raggiungono obiettivi utili a tutti, proprio in nome di questa differenza. E sono le donne che possono insegnare a tutti noi che l'amore non ha sesso, dal momento che sono loro nelle condizioni di far crescere tanto un maschio quanto una femmina, prima ancora che questi incontrino il mondo dei maschi. Ma per fortuna, e molte donne lo sanno, il mondo dei maschi possiede anche quel rispetto e dolcezza nei riguardi della donna che convive assai bene nel dialogo e nell'affetto che un vero uomo sa esprimere nella propria vita.
(www.affariitaliani.it)