I farmaci generici, aiutano a risparmiare, ma devono essere prescritti dal medico e non dal farmacista. Questa la comunicazione del ministero della Salute in risposta a una interpellanza di Federanziani a tutela degli over 65 che rappresentano i principali assuntori di farmaci
Boom dei farmaci generici, grazie alla norma che nel 2012, che stabiliva l'obbligo di indicazione del principio attivo nella ricetta. Un grosso risparmio sia per i cittadini, sia per il Sistema sanitario nazionale (300 milioni di euro, negli ultimi 3 anni - dati OsMed.) . Eppure qualcosa si è inceppato. A farlo notare è stata Federanziani, sottolineando un rischio per gli over 65 che rappresentano i principali assuntori di farmaci nel nostro paese. Perché, sempre più spesso, di fronte a una ricetta prescritta dal medico di base con indicazione del farmaco equivalente con nome anche dell'azienda produttrice, il farmacista sostituisce arbitrariamente il farmaco equivalente. La questione è stata posta direttamente al Ministero della Salute che, proprio in questi giorni, attraverso l’ufficio legislativo, ha risposto che tale pratica è inammissibile e il farmacista è tenuto a fornire il medicinale prescritto dal medico perché vincolato all’indicazione prescrittiva di quest’ultimo.
Sì ai generici, quindi, ma chi li deve prescrivere sono i medici di medicina generale, ovvero gli unici che conoscono la storia clinica del paziente e che, pertanto, sono autorizzati a prescrivere un'adeguata profilassi. Lo 'zapping' farmaceutico, - come lo ha definito Roberto Messina, presidente di FederAnziani - può essere particolarmente pericoloso per gli anziani, sottolinenado che "I cittadini riconoscono il medico di famiglia come garante delle sostanze chimiche che assumono. Non si dovrebbe lasciare a un soggetto terzo, come il farmacista, la scelta di quale scatola consegnare al paziente, esponendolo al rischio di diffidenza verso la sostanza che assume, confusione e banalizzazione dei medicinali, con la conseguenza di indebolirne l’aderenza alla terapia e pregiudicare, quindi, l’efficacia delle cure”.
I cittadini, infatti, riconoscono il medico di famiglia come garante delle sostanze chimiche che assumono. Non si dovrebbe lasciare- conclude- a un soggetto terzo, come il farmacista, la scelta di quale scatola consegnare al paziente, esponendolo al rischio di diffidenza verso la sostanza che assume, confusione e banalizzazione dei medicinali, con la conseguenza di indebolirne l’aderenza alla terapia e pregiudicare, quindi, l’efficacia delle cure”.