Proviamo ad aggiustare il ‘tiro’ di questa campagna elettorale. Non sono del tutto d’accordo con gli ‘attacchi’ nei confronti di Mario Monti per il solo fatto di esser sceso nell’arena politica: qui si rischia di ‘depistare’ l’opinione pubblica, soprattutto quella moderata, che invece ha bisogno di una nuova ‘casa’, anche solamente per un periodo temporaneo. Così come non condivido del tutto un Berlusconi utilizzato ‘a tutto campo’, come se le destre non avessero altri uomini in grado di confrontarsi con gli avversari. Io comprendo come il cavaliere sia effettivamente un ottimo comunicatore. Ma, qualora vincesse, non sarà lui a guidare il Governo: che senso ha, allora, questo suo ‘girovagare’ per emittenti e trasmissioni televisive? Tali scelte strategiche dimostrano solamente un panorama complessivo di esponenti della destra alquanto mediocre, per cui occorre per forza affidarsi all’unico vero ‘pifferaio’ rimasto in dotazione. Mai come questa volta il Pdl merita di perdere le elezioni: non ha effettuato alcuna consultazione interna alla ricerca di un nuovo leader in grado di rilanciarne idee e contenuti; la sua immagine pubblica è ancora quella di un movimento politico-partitico fortemente plasmato attorno a un leader anziano e stanco, un ‘vecchio leone’ che, probabilmente, sta sacrificando le proprie ultime energie per salvare una ‘baracca’ popolata solamente da piccoli feudatari di provincia, esclusivamente dediti a una concezione clientelare della politica; una visione programmatica che, questa volta, fa veramente ‘acqua’ da tutte le parti, poiché non c’è la benché minima idea su come rilanciare l’economia italiana, a parte un demagogico: “Abbassiamo le tasse”. Promesse, soltanto promesse. Palesemente da ‘marinai’, oltretutto. Sconcerta un poco anche l’indolenza del Pd nella sua paura ad andare a stuzzicare il ‘can che dorme’, ovvero quell’analfabetismo ‘funzionale’ degli italiani che li porta a voler credere che gli asini possano volare, o al “tacchino sopra al tetto”, una gaffe che, a questo punto, rischia di rimanere la sola frase ‘memorabile’ di tutta la campagna elettorale del centrosinistra. E infatti, la sintesi più da ‘battaglia’ e realmente di sinistra che mi è capitato di leggere in giro proviene, addirittura - udite, udite - da Gabriele Muccino, il quale ha dichiarato al collega Curzio Maltese, con inaspettata lucidità, che “il ‘berlusconismo’ si è rivelato un provincialismo travestito da modernità”. Cazzarola! Da Muccino debbo sentirla una cosa del genere? Fortuna vuole che l’impresentabilità del Pdl e di tutta l’accozzaglia di liste e listarelle che lo accompagna appaia evidente, lasciando stucchevolmente interdetti. Io credevo di aver scritto, qualche mese fa, un’emerita banalità quando salutai il ‘minacciato’ addio di Silvio Berlusconi alla politica con la considerazione: “In fondo, era il ‘meno peggio’ che avevano…”. E oggi mi ritrovo, invece, ad aver scolpito nel firmamento dell’universo politico italiano una frase profetica, che mi sta quasi costringendo a esperimenti quotidiani di illusionismo ‘telecinetico’. In ogni caso, il recupero ‘berlusconiano’ di questi giorni rimane un dato sconcertante. Anche perché si tenta veramente di travestirlo come ‘fatto normale’, facendo sentire chi dissente come una sorta di ‘alieno’ proveniente da chissà quale galassia. A me personalmente viene persino ‘appioppata’ - con un certo grado di affetto, debbo anche dirlo - una ‘unicità’ di livello universale: “Tu sei unico al mondo”, mi ha detto un elettore del Pdl, “ma gli italiani votano per chi fa loro dei favori, per chi li fa lavorare…”. Fosse vero, forse non avremmo il Mezzogiorno con una disoccupazione da record mondiale. Io continuo a sottolineare quella che, a mio parere, rimane la questione fondamentale: la ‘posta’ in gioco. Questa volta, ribadisco e sottolineo, la decisione è realmente importante: bisogna ‘strappare’ tanti giovani dalle strade, dalle ‘grinfie’ della criminalità organizzata, dagli sfruttatori, dagli imbroglioni. Affermando ciò, non intendo accusare il Pdl di ‘contiguità strutturale e sistematica’ con tali ambienti, bensì che esso sia vittima di una concezione demagogica - e in qualche caso parassitaria - della politica, in cui per vincere basta essere i più ‘bravi’ nel proporre tesi ‘colorate’ e artefatte. Un’idea che porta i suoi esponenti a promettere di tutto nel corso delle campagne elettorali, ma che il più delle volte è teso a ‘mascherare’ reali incapacità realizzative. La politica non è questa ‘roba’ qui: quelli del centrodestra, eccezion fatta per il nostro ‘cavaliere volenteroso’, per Giulio Tremonti e per l’onesto Angelino Alfano, non sono ‘buoni’ a governare, poiché la maggior parte di loro, nel momento in cui ricevono un mandato qualsiasi, pensano principalmente a conservare il proprio ‘bacino’ elettorale, evitando come la ‘peste’ ogni decisione che possa risultare, anche solo parzialmente, ‘impopolare’. E’ dunque necessario tenerli fermi almeno per un ‘giro’, affinché si rinnovino mediante congressi, consultazioni interne, competizioni primarie, dibattiti politici più approfonditi. Altrimenti, ci ritroveremo sempre gli stessi: Gasparri, La Russa, Calderoli, Formigoni. Basta con i volti per tutte le stagioni: non siamo più ai tempi della Democrazia cristiana, ma di fronte a una società che corre a 300 chilometri all’ora. Una larghissima parte degli italiani pretende, ormai, nuovi ‘paletti’ nei riguardi di una concezione rivelatasi ‘oligarchica’ della rappresentanza politica. In tale ottica, i veri ‘volti nuovi’, alla fin fine, questa volta sono proprio quelli di Mario Monti e Oscar Giannino, uno dei pochi colleghi, quest’ultimo, capace di ‘leggere’ e di tradurre intelligentemente all’opinione pubblica i difficili meandri della nostra econometria interna, o quelli ancor più complessi della macroeconomia internazionale. Persino il Pd tutte queste novità non le sta presentando: è vero anche questo. Ma, per lo meno, durante il prossimo ‘ciclo’ di legislatura possiamo utilizzarlo per costringerlo a fare qualche riforma. Non si pretende un voto ‘a valanga’, insomma, uno spostamento di consensi da destra a sinistra tale da provocare un terremoto elettorale. Ma le ragioni che hanno mosso Mario Monti e altri a “salire in politica” per dar vita a un ‘Terzo polo’ esistono, sono fondate: dare ai moderati un’opzione di carattere ‘periodico’, valida cioè per il periodo che serve al centrodestra per rinnovarsi e rigenerarsi. Un processo che non può essere unicamente risolto con un patto Lega-Pdl più contraddittorio del solito, in cui Tremonti e Alfano risultano ambedue in ‘lizza’ per palazzo Chigi. Tutto ciò rappresenta solamente un’operazione puramente elettorale, finalizzata al solo scopo di ostruire le funzioni del prossimo Senato della Repubblica, di rendere per l’ennesima volta il Paese ingovernabile destabilizzandolo durante una difficilissima fase di crisi deflattiva e strutturale. Votare quella ‘roba’ lì, il Pdl, significa solamente ‘affossare’ l’Italia. Cercate di comprenderlo, cari amanti dei ‘pifferai’. Anche perché, questa volta rischiamo veramente di fare la figura del ‘piffero’.