Una questione di indagine fondamentale si conferma quella relativa alla grave crisi culturale e psicologica che sta attraversando la società italiana da alcuni decenni a questa parte. Una difficoltà che deriva dalla mancata analisi della relazione esistente tra morale cattolica e uno sviluppo tecnologico dotato di un altissimo grado di scientificità. Si tratta di un terreno scarsamente indagato, poiché è stato spesso sottostimato il grado di percezione della natura intrinsecamente culturale della rivoluzione in atto, la quale non è altro che una nuova razionalità produttrice di valori. Limitarsi a osservarne gli effetti sotto il mero profilo dei cambiamenti di costume rappresenta ben poca cosa: un mero esercizio di ‘colorazione’ della realtà la quale, invece, possiede un proprio ‘scheletro’ di sistema niente affatto ‘neutrale’. E ciò non solamente dal punto di vista dei consumi, ma anche da quello delle nuove regole, dei nuovi comportamenti, dei nuovi bisogni che tecnologia e scienza richiedono o sono in grado di stimolare. La morale, in genere, è dominata dalla questione del ‘controllo etico’ sull’uso degli strumenti tecnologici e scientifici, un approccio che le impedisce di interrogarsi sui nuovi problemi che proprio il dinamismo culturale espresso dallo sviluppo scientifico finisce con l’imporre alla morale stessa e alla sua organizzazione. Gli atteggiamenti più comuni che si possono riscontrare continuano a dar luogo a risposte contraddittorie, in cui trova posto tutto e il contrario di tutto, dalla deprecazione apocalittica all’esaltazione degli aspetti miracolistici del progresso tecnologico, senza naturalmente dimenticarsi di passare attraverso il trasalimento mistico, la deriva apologetica o le preoccupazioni censorie. Ma tutto questo dimostra semplicemente come non solo la morale cattolica, ma quella di tutte le religioni dell’intero pianeta siano da tempo ‘a rimorchio’ rispetto all’avanzata tecnologica in atto. La qual cosa si traduce in un sensibile, anche se da molti non percepito, allontanamento tra prescrizione e vissuto, tra norma e prassi. Questo fenomeno avviene perché il processo di secolarizzazione delle moderne società non è affatto un ‘principio’, bensì un ‘fine’, non rappresenta assolutamente l’inizio di un nuovo mondo o di una nuova era, ma la conclusione definitiva di una ‘lacerazione etica’ già avvenuta da tempo. In termini puramente sociologici, la società si è ormai laicizzata, anche se essa non sembra esserne consapevole o non lo vuole ammettere per motivazioni di carattere meramente ideologico, o di forzato ‘allineamento’ politico. Si tratta di un distacco tra dimensione laica e dimensione sacrale, da cui deriva un sempre più forte senso di schizofrenia di cui sono avvertibili i sintomi nell’ambito stesso del nostro ‘ethos collettivo’ ed il cui prodotto finale è divenuta la prevalenza di un’etica ‘soggettivista’, o meramente corporativa, della società, ormai composta solamente da ‘frammenti’ isolati dal proprio contesto. Non accorgersi di tutto questo, non riuscire a cogliere l’errore delle continue derive culturali che stanno avvenendo nel nostro Paese, da quella prettamente tradizionalista a quella più tristemente provinciale e ‘localista’, non può far altro che generare un quadro sociale sempre più depresso e sconcertante, che tende a trasformare il Paese in un ‘cortile’. Ma le vere cause del nostro attuale malessere sono altre, derivano da fattori diversi e ben distinti, che riteniamo non siano stati analizzati per tempo, sia sul terreno strettamente economico, sia su quelli politici e culturali. Una questione che non può essere affrontata attraverso desuete schematizzazioni ideologiche, né tantomeno con il semplicismo paternalistico derivante dai detriti culturali del maketing o del puro soggettivismo ‘atomico’ privato. C’è un problema di nuova coscienza collettiva. Che dovrà dunque essere perfettamente laica nel suo sapersi guardare dal proprio stesso laicismo, nelle forme di rispetto e di tolleranza che essa dovrà mantenere nei confronti di tutte le culture, politiche o religiose, ‘altre’. Questo il parametro di principi su cui regolare i prossimi anni di vita della società italiana ed europea. Un futuro e una prospettiva che dovranno essere realmente di svolta, nel configurare una società composta da cittadini e di rappresentanti politici maggiormente responsabili, verso se stessi e nei confronti della collettività. Solo una laicità intrisa di valori può portare il Paese, l’Europa e il mondo fuori dal tunnel del marasma politico e dell’irrazionalità sociale.