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21 Novembre 2024

Fiscal compact: la grande espiazione

di Vittorio Lussana
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Fiscal compact: la grande espiazione

Continuare ad annunciare catastrofi economiche non è serio: l’Italia ha già sfiorato molto da vicino il disastro nell’estate 2011 a causa delle nostre incapacità e disonestà di fondo. Ora è venuto il momento di dimostrare all’Europa quanto valiamo in termini di coraggio, serietà e rispettabilità

Abbattere il debito accumulato e ridurre, di conseguenza, la spesa per interessi - che oggi si aggira attorno agli 80 miliardi di euro all’anno - liberando risorse in favore dello sviluppo. Questa la ‘montagna’ che il Governo deve assolutamente ‘scalare’, se intende veramente lasciare un ‘segno’ nella Storia della Repubblica italiana. Dobbiamo innanzitutto mettere in chiaro come sia assolutamente possibile gestire i termini contabili e temporali di un simile, gigantesco, ‘piano di rientro’, legando quest’ultimo alla crescita del Pil. In pratica, si deve fare in modo che il Paese cresca almeno a un ritmo del 2 per cento l’anno. In tal modo, la cifra da reperire scenderebbe a un livello tale da consentire una serie di previsioni di spesa sempre piuttosto dure, ma tutto sommato sostenibili. Soprattutto, se affiancate da un severo piano di tagli alle spese improduttive. Bisogna fare in modo che l’Ue possa fidarsi dell’Italia come Paese in cui investire, senza temere che ci vengano negati fondi importanti come spesso accaduto, in questi ultimi anni, a causa della scarsa affidabilità dei soggetti richiedenti. In sostanza, dobbiamo smetterla di fare i ‘furbi’. Oppure, riuscire a spendere i soldi che ci vengono erogati, imparando a proporre progetti fattibili in termini di occupazione: non possiamo andare avanti con gente che incamera denaro e poi sfrutta il precariato senza creare posti di lavoro realmente stabili. Continuare ad annunciare catastrofi economiche non è serio: cerchiamo di mettercelo bene ‘in testa’. Il disastro è stato invece sfiorato, molto da vicino, nell’estate 2011 a causa delle nostre incapacità e disonestà di fondo: questa è la verità da tenere in considerazione come base di partenza per ogni ragionamento. In secondo luogo, i futuri trasferimenti di risorse dall'Unione europea dovranno avere, come destinazione prioritaria, progetti a favore della difesa del suolo, delle infrastrutture pubbliche e della qualità della vita, attivando un principio di ‘utilità’ degli interventi: per ogni miliardo di trasferimenti in conto capitale bisognerà dimostrare di saper risparmiare la stessa somma in termini di spesa pubblica, prevedendo, nei relativi bilanci annuali, opportune riduzioni delle somme destinate alle manutenzioni ordinarie. Quanto all'abbattimento annuo del debito previsto dal tanto temuto ‘Fiscal compact’ - calcolato sempre attraverso parametri collegati alla crescita del Pil - diverse possono essere le strade percorribili. Purché si ponga come principio fondante di questo ‘nuovo corso’ della nostra gestione finanziaria quello di non permettere scelte e decisioni che possano comprimere il prodotto interno lordo. Occorre, in buona sostanza, sviluppare politiche di crescita in grado di mantenere costante il livello degli investimenti, senza intaccare la capacità di spesa delle famiglie e la produttività delle imprese. Se si vuole ridurre il debito pubblico accumulato dal nostro Paese, nessuna misura di carattere ordinario può essere sufficiente senza mettere in grossa difficoltà le famiglie e le imprese e, con esse, l'intera economia del Paese. Perciò, l'unica soluzione in grado di traghettare l’Italia sul versante di un bilancio consolidato rispettando il Fiscal compact - il quale dev’essere per forza di cose gestito, poiché il nostro debito dev’essere non solo fermato, ma effettivamente abbattuto - resta quella di rinunciare all’immissione sul mercato di titoli pubblici (con la sola eccezione di quelli destinati al finanziamento di opere di pubblica utilità) liquidando entro un anno quelli sottoscritti, per esempio attraverso un prestito straordinario da contrarre con la Banca centrale europea e altri istituti di credito internazionale. Ciò al fine di ottenere, sin da subito, il nostro affrancamento dalla fluttuazione e dal ricatto al rialzo dei tassi di interesse e passare a un ammortamento a tasso bloccato, ovvero a una rateizzazione annua fissa. Posto il nostro debito pubblico complessivo a 2100 miliardi di euro e una durata trentennale del prestito, sottoscrivendo un tasso di sconto annuo intorno all'1 per cento, cioè pari a 4 volte il tasso di sconto dei prestiti Bce alle banche, si otterrebbe una rata, a partire dal secondo anno, di circa 81 miliardi di euro. Dunque, esattamente equivalente alla spesa sostenuta dal nostro Paese per pagare, ogni dodici mesi, gli interessi sul debito pubblico. Così facendo, gli 81 miliardi di euro non rappresenterebbero solo una somma di interessi, ma la sommatoria delle voci in quota capitale e in quota interessi. La qual cosa ci aiuterebbe a ridurre il debito consolidato già alla fine del primo anno, per poi crescere, anno dopo anno, fino ad abbattere il nostro debito pubblico nazionale nel giro di un ventennio - rispettando le tempistiche di rientro imposte dal Fiscal compact - a circa 770 miliardi di euro. Ossia, al di sotto del tetto del 60 per cento del Pil stimabile, coi parametri attuali, intorno ai 950 miliardi di euro. Tutto ciò può anche essere considerata, comprensibilmente, una sorta di terribile ‘via crucis’. Tuttavia, dimostrerebbe un ‘sistema Italia’ ben deciso a rimettersi in regola agli occhi dell'Unione europea. Con la conseguenza di rientrare in possesso delle condizioni di credibilità necessarie per chiedere e sostenere investimenti in conto capitale, da destinare alle infrastrutture, alla difesa del suolo, all'assetto idrogeologico e al lavoro. Più che un piano di rientro, insomma, è una sorta di ‘espiazione di massa’ delle tante risorse letteralmente ‘gettate dalla finestra’ nei decenni passati. Ma questo è il solo modo per fornire una prova incontrovertibile di serietà, coraggio e rispettabilità dell’intero nostro Paese.


Periodico Italiano Magazine - Direttore responsabile Vittorio Lussana.
Registrata presso il Registro Stampa del Tribunale di Milano, n. 345, il 9.06.2010.
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