Il pagamento della rata dell’Imu prevista per il mese di giugno è sospesa: questa la prima decisione del nuovo Governo Letta, già alle prese con difficilissimi problemi di equilibrio interno. L’elenco delle priorità programmatiche, del resto, risulta alquanto articolato: si va dal rifinanziamento della cassa integrazione, ai cosiddetti ‘esodati’. Letta, al momento, dimostra un’accortezza buona per uscire dalla strettoie ‘berlusconiane’. Ma che ciò rappresenti il principale ostacolo di un esecutivo di ‘larghe intese’, per il momento non sembra sfiorare il cervello di nessuno, all’interno di quell’ectoplasma che è ormai divenuto il Pd. E il neopresidente del Consiglio fa finta di non sapere che già in molti gli hanno dichiarato una guerra che nemmeno se la sogna. A poco serve la melliflua astuzia tardo-democristiana di non spingersi ad annunciare il rimborso dell'imposta pagata nel 2012, eventualità la quale, sommata all'abrogazione della tassa stessa, raddoppierebbe il deficit previsto nelle entrate dell'anno corrente. Senza contare il fatto che, nelle prossime settimane, il Governo dovrà inventarsi vere e proprie ‘favole’ per scongiurare il nuovo incremento del debito pubblico e la paralisi finanziaria dei bilanci comunali. Tutti danni derivanti, naturalmente, dal mancato incasso dell'Imu. Addio, insomma al previsto intervento sul ‘cuneo fiscale’, o quantomeno al previsto ridimensionamento delle imposte su lavoro e impresa. E tanti saluti alla possibilità di evitare il rincaro dell’Iva dal 21 al 22 per cento per il prossimo mese di luglio. Insomma, dalle prime mosse, si è solamente capito che il programma economico lo sta dettando, praticamente, Berlusconi. Letta, ‘poverino’, ci prova a sottrarsi ai continui ‘stop and go’ e alle trattative con le pistole sotto al tavolo, cercando di negoziare un allentamento degli impegni assunti in sede europea dove, soprattutto grazie alle pressioni del mondo socialista internazionale, a cominciare dal presidente francese Hollande, si è finalmente compreso come l’austerity, da sola, serva a ben poco senza interventi a sostegno della domanda. Su tale terreno non cambierà molto nelle politiche economiche dell’Ue, al momento. Almeno, sino alle elezioni tedesche di settembre. Ed è ancor meno facile presentarsi in Europa con uno stop agli incassi dell'Imu, ovvero di un'imposta sugli immobili che, anche se meglio modulata della nostra, esiste in tutti gli altri Paesi europei. Insomma, al momento Enrico Letta è apparso un autentico ‘pappamolla’: ‘liscia il pelo’ a Berlusconi senza rendersi conto di avvalorare, all’estero, l’idea che l’Italia sia un Paese fortemente connotato da una lotta interna fortemente demagogica e classista. Che poi è la verità. E’ chiaro che, come ogni economista avveduto potrebbe comprendere, la sola via di uscita, sin dall’estate del 2011, sarebbe stato il prelievo fiscale sui grandi patrimoni. Ma ciò andrebbe a colpire fortemente lo ‘zoccolo duro’ dell’elettorato Pdl, che ha tenuto in ‘piedi’ Berlusconi proprio al fine di evitare ogni forma di redistribuzione dei redditi e di tassazione degli extra-profitti. In sostanza, per colpa di qualcuno, non ce n’è per nessuno: la solita ‘solfa’ italiana. Sul fronte dei conti pubblici, il tempo stringe: ci sono solo tre settimane per mettere a punto una prima manovra di bilancio, rifinanziare la cassa integrazione e cominciare a inquadrare una nuova legge di stabilità per l’anno venturo, una manovra che dovrà trovare la copertura finanziaria per molte altre esigenze pressanti, come gli esodati e l'attuazione del programma di Governo. Il ministro dell'Economia Saccomanni ha innanzi a sé una ‘ventina’ di giorni cruciali. Entro metà maggio dovrà definire la prima fase della manovra, quella con effetto immediato - che dovrebbe avere una portata di 5-6 miliardi di euro - e definire il quadro delle misure da attuare nel 2104. Il deficit del 2013 resterà sotto il 3% del Pil, pur nelle more di un dovuto aggiornamento dei conti, che saranno sottoposti a Bruxelles alla fine di questo mese. Il Governo conta molto su questo momento, che potrebbe essere presentato come un primo obiettivo raggiunto dal nuovo esecutivo di ‘grosse koalition’. In particolare, Letta punta sulla chiusura della procedura Ue per deficit eccessivo, rendendo più agevoli ogni margine di manovra dei mesi successivi: se per l’Ue, come dichiarato dal commissario Olli Rehn, risultasse sufficiente il risultato italiano di un rapporto deficit/Pil al di sotto del 3%, il Governo potrebbe avere a disposizione una decina di miliardi di euro da destinare al finanziamento della crescita. La Commissione Ue, nelle nuove stime rese note nei giorni scorsi, ha in effetti certificato che i nostri conti sembrerebbero in ordine. Ma per esser certi che questo dato si mantenga e che non ci si metta a ‘largheggiare’ - magari restituendo l’Imu - Bruxelles vuole vedere il dettaglio delle riforme strutturali previste. Dovranno risultare credibili e finanziariamente coperte, visto che il Paese possiede un debito elevatissimo, che ha sfondato il 131%. La qual cosa si tradurrà con un mancato 'aggancio' di una ripresa a breve termine e una disoccupazione destinata a toccare nuovi ‘picchi’ nel 2014. Palazzo Chigi incasserà la certificazione sui conti, finalmente a posto. Ma la parola chiave, per l’Europa e per chiunque sia almeno un poco ‘sano di mente’, rimane la ‘crescita’. E su questo 'fronte', quel che preoccupa veramente è l'assenza di competitività dell'economia italiana, che continua a contrarsi scendendo a -1,3% nel 2013 e che risalirà solo di un +0,7% nel 2014, sulla base di una persistente incertezza e della continua difficoltà di accesso al credito per piccole imprese e medi consumatori. E’ dunque proprio questo ‘stabismo’ italiano quel che salta agli occhi di Bruxelles: un sistema diviso in ‘mondi paralleli’, ovvero in una ristretta ‘serie A’ e una larghissima ‘serie C’. Anche perché, della ‘serie B’ non si hanno più notizie sin dal 1999. Ma questo, per lo meno, in sede Ue lo si sapeva già.