La mappatura dei servizi collaborativi nel 2014 operata da ‘Collaboriamo.org’ ha fatto emergere come in Italia stia crescendo, non senza difficoltà, un nuovo modello di servizio: quello dell’azienda-piattaforma che mette in contatto direttamente persone per condividere-scambiare beni, competenze, denaro, spazio. Un modello che interessa soprattutto la fascia di età compresa tra i 18 e i 54 anni e che propone modi più sostenibili di pensare e di vivere e nuove occasioni per i cittadini, per le amministrazioni e anche per le aziende
Gli economisti la chiamano sharing economy ma, al di là di ogni pletorica definizione ‘anglofona’, non è altro che un sistema di ‘economia collaborativa’ fra privati, reso possibile dalle aziende e abbastanza diffuso in Italia e all’estero. Un modello che, in poche parole, consente di mettere in connessione le persone in maniera economica, semplice e sicura. Le piattaforme collaborative attive in Italia sono più di cento e risultano molto diversificate. Si tratta per la maggior parte di start up, società di piccole dimensioni che cercano di rendere profittevole il proprio modello di business. Tuttavia, rientrano nelle piattaforme collaborative anche quelle aziende italiane ormai consolidate sul territorio, come Subito, Secondamano, Kijiji, Bakeka. Aziende che, in realtà, senza saperlo, sono state le precorritrici dell’economia collaborativa. Fra questi servizi si possono inoltre elencare anche ex start up ora diventate multinazionali importanti, quali ad esempio Airbnb, Uber, Blablacar e i servizi di carpooling in generale. Il fenomeno, stando agli esperti, non costituirebbe una reazione temporanea alla crisi, ma sarebbe il segno di una più ampia trasformazione, resa possibile dalle nuove tecnologie digitali.
Uberpop
‘Uber’ più o meno la conosciamo tutti. Si tratta di un'azienda nata nel 2009, con sede a San Francisco, che fornisce un servizio di trasporto automobilistico privato attraverso un'applicazione software mobile che mette in collegamento diretto passeggeri e autisti. Un sistema utilissimo per quanti si trovino a viaggiare avanti e indietro per l’Italia. Un servizio a metà tra il carpooling e il noleggio auto, oggi attivo nelle città di Genova, Milano, Torino e Roma, e in altre centinaia di città del mondo, che prevede un autista low-cost. Per utilizzarlo basta semplicemente scaricare e installare l’App sul proprio cellulare, inserire il proprio nominativo e il codice fornito dall’azienda per ottenere i primi 20 euro di credito gratuiti, e, infine, inserire il luogo di partenza e quello di arrivo per visualizzare in anticipo l’eventuale preventivo. La versione che sta prendendo piede nel nostro Paese è ‘Uberpop’, la quale permette a privati in possesso di autovetture di mettersi a disposizione di cittadini per muoversi in città. Definita dagli esperti ‘low cost’ e ‘smart’, ha un costo medio compreso tra i 5 ai 10 euro e prevede modalità di pagamento mediante carta di credito. Per diventare ‘autista Uber’ è necessario sostenere e superare un colloquio nonché soddisfare diversi requisiti, tra i quali avere un auto intestata a proprio nome, la fedina penale pulita e non aver subìto recenti sospensioni della patente. Come è plausibile immaginare, a livello normativo, con la diffusione dell’app sono sorte diverse problematiche, soprattutto con i tassisti che ritenevano violati i loro diritti in quanto i driver di Uber non necessitano della licenza per lavorare. Tuttavia, il servizio offerto dall’azienda si collocherebbe sotto un’altra categoria di servizi, il carpooling (come nel caso di BlaBlaCar) e, relativamente alla versione classica di Uber, il ‘noleggio auto con conducente’. La ‘crociata anti-Uber’ sostenuta dai tassisti ha trovato, proprio di recente, un nemico preoccupante nel giudice di pace che, a Genova, ha accolto il ricorso presentato da un driver che era stato sanzionato come tassista abusivo.
BlaBlaCar
Parlando di Uber abbiamo citato ‘BlaBlaCar’, una piattaforma web di ride sharing diffusasi in Italia nel 2010 sostituendo la piattaforma italiana ‘postoinauto.it’. Una realtà che opera in 18 Paesi del mondo, con più di 10 milioni di utenti iscritti, e offre un servizio rientrante nel fenomeno del ‘consumo collaborativo’. Il suo enorme successo è dovuto, con ogni probabilità, al grande investimento effettuato nella piattaforma web, ai riscontri positivi del pubblico e, sostanzialmente, al passaparola che ne esalta l’economicità, l’aspetto sociale nonché quello ecosostenibile (circa 700,000 tonnellate di CO2 risparmiate). La piattaforma costituisce, infatti, una valida alternativa di spostamento e consente di condividere le spese e socializzare con compagni di viaggio prima sconosciuti. Utilizzare la piattaforma è semplice: basta iscriversi gratuitamente, inserire la destinazione di partenza e di arrivo, contattare il conducente, darsi un appuntamento (al quale è necessario presentarsi in orario) e portare con sé l’importo pattuito (anche se a breve pare che saranno introdotti il pagamento anticipato e una commissione del 10 %). La sicurezza del servizio è affidata alla verifica dell’identità del conducente e degli iscritti in generale, come pure al sistema del ‘feedback’, ovvero alla verifica e al controllo dei risultati ottenuti. Anche nel caso di BlaBlaCar, non sono poi mancate accuse di concorrenza sleale da parte di rappresentanti dei classici mezzi di trasporto.
Scooterino
E, parlando sempre di sharing economy, non possiamo non citare ‘Scooterino’, una recentissima applicazione per IOS e Android che mette in contatto passeggeri e scooteristi che vanno nella stessa direzione, permettendo così di condividere tragitto e spese. Un modo di fare carpooling sullo scooter in sicurezza, ovvero controllando le informazioni sullo scooterista. Il rimborso spese, si legge dal sito ufficiale del progetto, costerebbe poco più di un biglietto dell’autobus e avverrebbe tramite l’app utilizzando Poste Pay, Paypal e ogni carta di credito ricaricabile. L’affidabilità del servizio, anche in questo caso, sarebbe legata al sistema del feedback e alle recensioni ‘post viaggio’, mentre la sua sicurezza a un’intervista e una serie di requisiti da soddisfare, che vanno dall’età minima di 21 anni, alla validità della patente di guida, all’assicurazione in regola fino alle buone condizioni delle scooter. Mentre si è bordo, inoltre, è possibile utilizzare l’App per registrare la propria posizione e il mezzo o lo scooterista con i quali si sta viaggiando.
CouchSurfing
Ma il concetto di ‘consumo collaborativo’ è applicabile anche ad altri settori, come quello dei ‘viaggi’ (CouchSurfing, Hospitality Club, Guide Me Right), dove risultano ormai diffuse formule di ospitalità che permettono gratuitamente di accedere alla casa di uno degli utenti e soggiornare per un periodo di tempo limitato. Tra questi degno di nota è sicuramente il progetto ‘CouchSurfing’, un servizio di scambio di ospitalità ma, soprattutto, una solida rete sociale. Posseduto e gestito da Couchsurfing International Inc., una società situata in America, a San Francisco, nasce nel 2004 come progetto no-profit. Si tratta di un servizio gratuito che offre non solo la possibilità ospitare e essere ospitati in diverse località del mondo, ma che prevede anche incontri, scambi linguistici, escursioni, cene; la condivisione di eventi e attività promosse tramite il sito ufficiale, e, ancora, la creazione di gruppi per lo scambio di informazioni relative ai viaggi o ai posti da visitare. I Couchsurfers o surfers, vale a dire gli utenti che usufruiscono del servizio, devono ovviamente fornire informazioni e foto di loro stessi e del luogo in cui offrono ospitalità. Non deve esservi alcun scambio monetario tra ospite e ospitante. L’utente che cerca ospitalità deve riempire un modulo con le informazioni di base, mentre la persona che ospita non è tenuta a rispondere. Tuttavia, la percentuale di risposte o ‘non risposte’ viene puntualmente registrata dal sito, e costituisce uno dei parametri da tenere in considerazione per l’invio delle richieste. Assieme, ovviamente, al feedback, alla completezza del profilo, alle referenze e al sistema di ‘Vouching’, ovvero di garante, secondo il quale una volta ricevute tre ‘garanzie’ da tre persone diverse si è a propria volta in grado di garantire per un'altra persona. Per la sicurezza, oltre al sistema di segnalazione degli abusi, esiste, inoltre, un sistema di verifica dell’indirizzo a pagamento e la registrazione di ogni singola comunicazione avvenuta tra surfers mediante il sito.
Altri esempi di sharing economy
La sharing economy tocca, inoltre, gli ambiti più disparati, dal crowdfunding fino ai beni di consumo. Nel campo dell’abbigliamento esistono diverse piattaforme, tra le quali Depop, piuttosto generica, e Mysecretdressing Room, che invece offre il noleggio dei vestiti di marca. Nell’ambito della Formazione invece si registrano alcune piattaforme che consentono il knowledge sharing, ovvero lo scambio di conoscenze, come Docsity, nella quale si possono trovare/pubblicare appunti, dispense e tesi di studenti universitari. Nel settore lavoro sono sorte, invece, diverse piattaforme che favoriscono lo skillsharing, ovvero la condivisione di competenze, come ad esempio Petsharing, nella quale è possibile trovare persone disposte ad accudire animali domestici. Poi ci sono gli Affidabili e Mister Mario, che consento di trovare/offrire piccoli lavori in cambio di una ricompensa monetaria. Per lo scambio dei beni abbiamo diverse realtà, tra le quali ricordiamo: BarattoFacile, Cose inutili e Zerorelativo. Relativamente allo scambio di libri esistono Testi Usati e Green Books Club. Per gli amanti dello sport, invece, sono nate piattaforme come GoKick, Fubles, Sportilia che, ad esempio, mettono in contatto persone che desiderano giocare a calcio, oppure la più generica We-sport
L’economia collaborativa coinvolge anche il settore alimentare, dove si sta diffondendo il fenomeno del foodsharing (vedi Restaurantday, una piattaforma internazionale che mette in contatto persone che vogliono aprire la propria casa a possibili ospiti), e quello dei servizi turistici, nel quale hanno trovato spazio progetti molto innovativi. Come ‘CiaoMaMi’, un’app che offre un servizio gratuito rivolto alle mamme straniere in visita a Expo2015, interamente dedicato alla condivisione di passeggini e di quanto altro le mamme abbiano bisogno per alleggerirsi in previsione del loro arrivo a Milano. Per contro, il report di Collaboriamo.org non registra alcuna piattaforma collaborativa nell’ambito culturale, sebbene alcuni servizi siano in fase di apertura. L’assenza è particolarmente indicativa se si considera che il mondo dell’editoria e della musica sono stati i primi a sperimentare modelli di sviluppo collaborativi (vedi Wikipedia o il sistema del file sharing musicale). Un’assenza, questa, che in ogni caso dimostrerebbe la sostanziale ‘staticità’ di molte imprese del settore nel pensare nuovi modi di produrre e diffondere cultura.