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23 Novembre 2024

Riconversione, una parola diventata essenziale

di Valentina Spagnolo
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Riconversione, una parola diventata essenziale

In tempi di crisi sanitaria, la riconversione è una strategia che viene adottata da moltissime aziende, con risultati, sotto certi punti di vista, anche inaspettati e sorprendenti: un’analisi che fa capire una situazione di base abbastanza complessa e variegata

Adattamento di impianti o attrezzature industriali a nuovi tipi di produzione, a seguito di nuove esigenze del mercato, dovute a cambiamenti della situazione economica, innovazioni tecnologiche, aumenti della domanda. Questa una delle definizioni più chiare ed esaurienti del termine riconversione. Una parola che ha senza alcun dubbio sempre fatto parte del linguaggio aziendale, ma che, soprattutto negli ultimi due anni, è diventata di grande attualità. Infatti sono state tante le aziende che hanno deciso di attuarla, mettendo in pratica una sorta di vera e propria riorganizzazione. Un esempio può sicuramente essere quanto accaduto nel settore del tessile e della moda. Infatti in molti hanno scelto e deciso di riconvertire buona parte della loro produzione. Questo è stato un modo e una strategia che ha principalmente avuto l’obiettivo primario e principale di soddisfare la crescente domanda di dispositivi di protezione individuali e di attrezzature mediche. Ovviamente per le piccole e medie imprese tutto ciò è inevitabilmente conciso con una rivoluzione nel business. Allo stesso modo è stato però l’unico modo per garantire continuità nella produzione, nonostante restrizioni e limitazioni.

Non si può comunque nascondere che tutto ciò ha portato a lavori di ricerca e persino all’acquisto di nuovi macchinari. Insomma, un’immagine chiara ed evidente di riconversione dura e pura. Parlando però di dati e statistiche, stando uno studio condotto da Randstad Professionals, tra le aziende italiane riconvertite negli ultimi 24 mesi, il 60% appartiene al settore tessile e della moda. Imprese che, stando alla ricostruzione e a quanto raccolto, avevano già a disposizione macchinari, manodopera e materie prime per la produzione di dispositivi di sicurezza individuali, come, per esempio, mascherine e camici. Va detto però che a partecipare a questo complesso e generale processo di riconversione hanno partecipato anche altri settori, ossia plastica, chimico, cosmetico, medicale e automobilistico. Un cambiamento importante e che è arrivato a causa della crisi sanitaria.

Un’analisi interessante però è anche quella che viene offerta da Gaming Report. Un’analisi che si basa sul Rreport pubblicato di recente dall’Istat recante il titolo “Situazione e prospettive delle imprese dopo l’emergenza sanitaria Covid-19”. Un rapporto che ha messo soprattutto in evidenza la richiesta di prestiti da parte delle imprese. Un qualcosa che fa capire molto bene il momento che si è vissuto e che, quantomeno in parte, si sta ancora vivendo nel mondo economico e finanziario. Entrando maggiormente nel dettaglio, può esser detto che circa il 22% delle aziende che hanno almeno tre dipendenti ha richiesto un sostegno per le proprie attività. Un sostegno che viene richiesto soprattutto per dare un aiuto nel coprire i costi relativi a tutte le attività in corso di svolgimento. Ma c’è anche chi li ha richiesti per per altri motivi. Un esempio, per quanto rappresenti una piccola minoranza, è chi ne ha bisogno per coprire i costi di conversione. 

In conclusione, parlando di alcuni settori, può esser fatto notare che le case di gioco figurano tra le imprese che richiedono prestiti finalizzati alla riconversione delle proprie attività, una necessità determinata dalla crisi della filiera in questi due anni. Tra queste, in misura minore, vi sono anche le imprese di gestione rifiuti e rete fognaria (più del 40%) e quella che operano nel campo della ristorazione (43%). Insomma, un processo che ha abbracciato vari mondi e questo fa senza alcun dubbio capire come sia stato un qualcosa di inevitabile, imprescindibile e ineluttabile.


Periodico Italiano Magazine - Direttore responsabile Vittorio Lussana.
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